Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 25 Settembre 2019

Quelli che vengono mandati sono discepoli della prima ora. Devono fare ancora molta strada per conoscere e poter accettare la vera identità del Signore. Erano in barca sul lago mentre è scoppiato un temporale e Gesù dormiva. Si è svegliato, ha minacciato il vento e le acque, e tutto si è calmato. Allora è sorta in loro la domanda: “Chi è costui, che comanda anche ai venti e all’acqua, e gli obbediscono?” (Lc 8,25). Gesù si stava manifestando diverso da come l’avevano conosciuto.

“Chi è costui?”. Gesù, risponde alle loro domande con la vita, non fa discorsi, per conoscerlo veramente bisogna seguirlo, vivergli accanto. Ma giunti a questo punto del vangelo è richiesto un passo ulteriore: i dodici prescelti devono mettersi in gioco in prima persona, cioè non solo assistere, ma essere inviati e fare anche loro quello che hanno visto fare da lui. Solo così faranno esperienza di cosa significhi portare il vangelo, nel successo e nel rigetto, e a poco a poco conosceranno il cuore compassionevole di Gesù.

È curioso che Gesù, nel momento in cui i suoi si facevano domande sulla sua identità, abbia spalancato le porte e li abbia mandati fuori, nei luoghi della vita, invece di tenerseli stretti. Così come è molto bello che non abbia mai detto: “Amate me”, ma sempre: “Amatevi gli uni gli altri”. Non si poneva mai al centro.

I discepoli sono stati amati, dovranno amare; sono stati accolti così come sono, dovranno mostrare di essere capaci di fare lo stesso con le persone lungo il cammino; sono stati curati, accompagnati, dovranno curare, prendersi cura, accompagnare… Quello che hanno ricevuto da Gesù è una ricchezza di umanità che dovranno mettere a disposizione di altri.

Unico contenuto dell’annuncio: il Regno, cioè Cristo, colui sul quale Dio regna. Non vengono mandati a fare proseliti. Non interessa che la missione sia ben organizzata e finalizzata a un risultato quantificabile. Questo si capisce ancor meglio quando si considerano le disposizioni date: “Non prendete né bastone, né sacca, né pane, né denaro, e non portatevi due tuniche”. Una serie di richieste quasi irrealistiche anche per quel tempo, fatte a gente che viene mandata allo sbaraglio senza neanche una meta sicura e un riparo per la notte. Saranno accolti nelle case di chi li vorrà accogliere: uno stile di evangelizzazione che favorisce l’incontro. Perché? Perché quando si va a portare il vangelo, la “buona notizia”, che è la persona di Cristo, l’unica cosa veramente necessaria è offrire la propria persona abitata dalla memoria di Cristo e dall’amore per lui. Essere coinvolti in una relazione con chi ha conosciuto il Signore nella sua vita: questo è essere evangelizzati. E per tale dimensione del coinvolgimento, ancora oggi, è ininfluente la ricerca di nuove tecniche e metodi per l’evangelizzazione, non c’è bisogno di strumenti sofisticati, ma di autenticità delle persone, di intima adesione alla propria verità.

Anche noi siamo chiamati a portare il vangelo, e lo portiamo con la nostra semplice presenza quando siamo autentici, con la nostra persona che certo non è perfetta. Ma non ha importanza. Perché in noi c’è un tesoro nascosto, in noi abita Cristo. È questo l’essenziale.

sorella Laura

Fonte

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Li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 9, 1-6


In quel tempo, Gesù convocò i Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le malattie. E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi.

Disse loro: «Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né sacca, né pane, né denaro, e non portatevi due tuniche. In qualunque casa entriate, rimanete là, e di là poi ripartite. Quanto a coloro che non vi accolgono, uscite dalla loro città e scuotete la polvere dai vostri piedi come testimonianza contro di loro».
Allora essi uscirono e giravano di villaggio in villaggio, ovunque annunciando la buona notizia e operando guarigioni.

Parola del Signore

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