“Risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina” (v. 28). “Quando tutti gli uomini moriranno per la paura e l’attesa di ciò che deve accadere” (v. 26), voi risollevatevi, trovate la lucidità e la forza per tenere alto il capo.
“Risollevatevi”: è il gesto che può anticipare una liberazione. L’oppresso, colui che è schiacciato, curvato, tiene la testa bassa. Quando vince la paura e affronta con ritrovata dignità ciò che lo attende, comincia a emanciparsi, prepara e già sperimenta un inizio di liberazione.
“Alzate il capo”: è il gesto audace e umile di chi, pur constatando: “Signore, quanti sono i miei oppressori!” (Sal 3,2), rialza la testa per liberare la voce: “Ma tu, Signore, sei uno scudo attorno a me, tu sei la mia gloria e sollevi il mio capo” (Sal 3,4).
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Quando tutti sono paralizzati dalla paura, risollevarsi e alzare il capo è atto dell’uomo responsabile, che ritrova e ridona dignità affrettando una liberazione. Attraverso questa pagina evangelica il Signore Gesù chiama i suoi discepoli di ogni tempo ad abitare responsabilmente le vicende storiche cercando di tenere alto il capo.
Non che non ci siano motivi per chinarlo e piangere, in preda allo sconforto. L’evangelista Luca consegna questa pagina evangelica alla sua comunità dopo l’assedio e la distruzione di Gerusalemme del 70 d.C. (i vv. 20-24 certamente si riferiscono a questi eventi) e qualche pagina prima ci mostra Gesù che cede al pianto alla vista della città santa, affliggendosi per essa, poiché non ha compreso “quello che porta alla pace” (cf. Lc 19,41-44).
Tuttavia i cristiani, ogni volta che vedranno che “la devastazione è vicina” (v. 20), dovranno cercare di reagire altrimenti: coscienti della gravità di quello che sta accadendo, sapendo muoversi nella direzione giusta, e con un occhio di riguardo per le persone più deboli (cf. vv. 21-23).
A partire dal v. 25 si allude a una partecipazione cosmica al travaglio storico. Anche di fronte ai preoccupanti mutamenti nel cielo, sulla terra e nel mare, ciascuno comprenda di essere chiamato ad assumersi degli atti di responsabilità e di cura, di “ecologia integrale” (cf. Papa Francesco, Laudato si’ 137-139; 229-230).
In ogni situazione ci sia dato di saper sollevare il capo per cercare di vedere quel Figlio dell’uomo “venire su una nube” (v. 27), per trovare nel Cristo crocifisso e risorto l’ispirazione capace di modellare e sostenere i nostri tentativi di affrontare con responsabilità ciò che ci attende.
I martiri hanno saputo farlo fino al dono della vita. È il caso di Stefano che, poco prima di essere lapidato, “pieno di Spirito santo, fissando il cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di Dio e disse: ‘Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio’” (At 7,55-56).
Quel suo contemplare “i cieli aperti” dice ciò che Stefano già intravede, nonostante quello che si trova a patire: la liberazione è vicina. Quel suo alzare il capo si può allora accostare all’ultima immagine del salmo 110, celebrazione della vittoria del re Messia. Vittoria che sarà pienamente manifestata alla fine dei tempi, ma di cui riconosciamo un’anticipazione nella resurrezione di Gesù: confessando il suo rialzarsi da morte riceviamo la caparra dello Spirito (cf. Ef 1,13-14) che ci risolleva e ci fa alzare il capo.
fratel Fabio
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