Casa di preghiera o covo di ladri?
Gesù, come gli antichi profeti, denuncia con coraggio e parresia, spinto da quello zelo buono per il Signore che arde nel cuore dell’uomo di Dio e che non può tacere di fronte alle deformazioni del volto del Padre, alle usurpazioni di ciò che a Lui solo spetta (gloria e onore) o alla corruzione di ciò che dovrebbe essere mezzo per l’incontro e la relazione con Lui.
Gesù denuncia: denuncia un sistema che perverte, attraverso un sottile meccanismo, i luoghi di gratuito incontro con il Signore in luoghi di scambio, di commercio, di guadagno, in cui non c’è più spazio alla logica del dono perché tutto viene monetizzato, ridotto a puro mezzo di profitto.
Così Dio viene ridotto a un Cesare a cui si dà denaro in cambio di protezione e aiuto, e il denaro diviene l’idolo che si sostituisce a Dio: vecchia tentazione che attraverso la storia, da quando si costruì un vitello d’oro perché incapaci di sostenere l’attesa e il mistero, e che seduce il cuore del credente che fatica a liberarsi dalle sue logiche per aderire a quelle del Signore, sempre così diverse dalle nostre. Seduzione di ieri come di oggi.
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Gesù denuncia con gesti e parole perché in lui non c’è quella scissione, quella contraddizione del “dire e non fare” che invece abita in noi e che ci porta a smarrire il senso primordiale e radicale delle cose, delle azioni, dei luoghi: si va al Tempio, luogo d’incontro con il Signore, per stare appunto con Lui, per dedicargli tempo e attenzione, e non per continuare nelle nostre faccende e dinamiche di dare e ricevere. Si offre al Signore ciò che da lui viene come dono di benedizione sulle nostre vite e non come commercio in cui ciascuno cerca il proprio interesse e guadagno. Si sta presso il Signore e in ascolto della sua parola per convertire i nostri pensieri e le nostre vie e non per “piegare” Lui alle nostre logiche e alle nostre vie. Ci si affida a Lui per imparare da lui e non per cercare “un di più” rispetto agli altri o, peggio ancora, a scapito degli altri.
Tutto questo, se lo ascoltiamo bene, ci urta perché noi vorremmo ottenere un qualche guadagno dalla nostra relazione con il Signore e se da un lato ci “inorridisce” e ci scandalizza che si faccia della “casa di preghiera un covo di ladri”, dall’altro forse anche noi contribuiamo a questo sistema quando pensiamo di avere diritto a ottenere qualcosa da Dio, piegandolo e riducendolo alle nostre dinamiche umane e proiettando su di lui il nostro concetto di giustizia.
Gesù invece fa gesti e dice parole che riconducono le cose al loro posto, e questo al caro prezzo di prendere su di sé lo scandalo e la forza mortifera di tutta questa perversione, divenendo lui, sulla croce, l’agnello che porta il peccato del mondo.
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Gesù ci invita con la sua parola autorevole a volgerci a lui per trovare il senso di ogni cosa nella relazione con lui, una relazione in cui non c’è logica di guadagno o interesse perché in essa regna solo l’amore gratuito e sovrabbondante di un Dio che ci ha amati mentre eravamo peccatori e nemici e che ci chiama alla vita donandoci la sua vita.
sorella Ilaria
Per gentile concessione del Monastero di Bose
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