La parabola del seminatore è una delle più celebri parabole di Gesù; ritorna anche più volte nel nostro lezionario. È quindi difficile dire qualcosa di originale su di essa, tanto più che nei tre vangeli sinottici è seguita dalla spiegazione autorevole di Gesù stesso, che è il vangelo proposto per oggi. Certo, non siamo chiamati a dire cose originali, ma, come ricorda appunto il nostro testo, a metterci in ascolto: ben cinque volte ritorna in questi versetti il verbo dell’ascolto!
Ascoltare tuttavia non basta. Infatti, i terreni in cui è caduto il seme della Parola sono tutti e quattro caratterizzati dal fatto che hanno ascoltato la Parola, magari anche con gioia ed entusiasmo, eppure solo uno di essi ha dato frutto.
Solo è fertile il terreno di cui si dice che è “colui che ascolta la Parola e la comprende” (v. 23). “Comprensione”: ecco la parola decisiva. Lo conferma Gesù alla fine del discorso: “‘Avete compreso tutte queste cose?’. Gli risposero: ‘Sì’. Ed egli disse loro: ‘Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e antiche’” (Mt 13,51-52).
Cos’è la comprensione? Questa parola e altre simili, come “discernimento”, “intelligenza” o “sapienza”, sono particolarmente pericolose. Infatti, molti di quelli che ne parlano sono convinti di sapere cosa sia, e poi, nell’esercizio di questa facoltà, si dimostrano incapaci. Non cercherò quindi di dire cos’è la comprensione; mi sembra tuttavia che il testo di oggi ci permetta almeno di afferrare cosa non è.
Quelli che rappresentano i tre primi terreni hanno ascoltato, ma il loro ascolto è segnato da altre caratteristiche che precisano appunto ciò che la comprensione non è.
Il primo, che non comprende, vede il Maligno venire e rubargli la Parola dal cuore. La comprensione ha quindi qualcosa a che vedere con il cuore, sede, secondo il pensiero biblico, dei sentimenti e delle decisioni vitali dell’essere umano. La comprensione non è un’attività del cervello, è invece essenzialmente legata al cuore e dunque alla misericordia, poiché essa consiste nell’avere un cuore per i miseri.
Il secondo terreno, quello sassoso, indica che la comprensione non nasce da un entusiasmo momentaneo; ha bisogno invece di costanza o di perseveranza; di quelle “radici” che permettono di affrontare tribolazioni e persecuzioni.
Il terreno spinoso dice che c’è incompatibilità tra comprensione e preoccupazioni, particolarmente per le ricchezze; in altri termini la comprensione chiede un cuore non diviso tra mille cose, ma rappacificato e unito, come il “cuore uno” di cui parla Ezechiele 11,19.
Scopriamo allora che i terreni non sono quattro gruppi di persone diverse, ma quattro caratteristiche del nostro stesso cuore, alle quali dobbiamo essere particolarmente attenti. E forse ci viene anche detto, nel contempo, che la comprensione trova fondamentalmente la sua origine nell’amore per Dio “con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze”, come Dio prescrisse a Israele (Dt 6,5).
fratel Daniel
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