Gesù annuncia il regno dei cieli ben sapendo che questo annuncio sarà soggetto a rifiuto, fraintendimenti e opposizioni. L’immagine del seme esprime bene questo donarsi di Dio nella debolezza che accetta di dipendere dall’accoglienza o dal rifiuto dell’umanità. Il seme è la forza della vita nascosta in un involucro di fragilità e vulnerabilità, come i bambini che appena nati dipendono totalmente dagli adulti, pur conservando in se stessi tutta la potenzialità della specie umana.
Un dettaglio mi colpisce sempre riguardo all’ambientazione di questo insegnamento di Gesù. Poiché le folle sono numerose sulla riva, egli sale su una barca e da lì insegna. Chiunque ne abbia fatto l’esperienza sa come sia difficile far udire la propria voce dal mare alla riva, in uno spazio ampio in cui il suono si disperde o viene coperto dal frangersi delle onde. C’è dunque un primo ostacolo che si frappone all’ascolto, come una distanza da superare per ascoltare la sua parola. Gesù chiede un ascolto, non solo uditivo, come espliciterà citando la profezia di Isaia: non vedono con gli occhi… non ascoltano con gli orecchi… non comprendono con il cuore (cf. vv. 14-15).
Chi ha orecchi ascolti! L’annuncio del Regno non è un’informazione né una nozione da acquisire fra tante altre. Il Signore chiede un ascolto responsabile che coinvolga tutti i sensi, tutto il nostro essere, la nostra vita, chiamata a divenire ascolto totale a immagine di Gesù la cui esistenza terrena si è manifestata come luogo di ascolto del Padre, dell’umanità e del creato. Anche noi dobbiamo divenire un luogo che accoglie il seme seminato con abbondanza, con perseveranza ostinata dal seminatore. Questo ascolto non è di un istante, ma si dilata nel tempo e nello spazio.
Il piccolo seme caduto in terra chiede profondità per radicarsi. Per tre volte si sottolinea ciò che al seme è mancato per resistere; non avevano molta terra… non avevano profondità… non avevano radice (cf. vv. 5-6).
La radice ha bisogno di tempo per fortificarsi, il seme deve morire, il terreno deve accoglierla e nutrirla mentre il germoglio cresce prima di poter dare frutto. “La radice”, dice il maestro Ezio Bosso, “è un albero che cresce sotto terra per farne crescere uno sopra la terra”. Quanto sono forti le radici, anche quando si dovesse tagliare l’albero alla base del tronco, la radice continua a vivere e gettare nuovi polloni.
Solo una vita interiore profonda intessuta di ascolto della sua parola ci porterà a quel frutto che è l’amore del Padre per ogni creatura vivente, amore capace di resistere alla sfida del tempo, delle preoccupazioni, del male e della violenza. In questa profondità il seme germoglierà e crescerà senza che ce ne accorgiamo, e non importa quanto frutto porterà, il cento, il sessanta o il trenta. Ciò che conta è camminare insieme senza la presunzione di separare i buoni dai cattivi, desiderando solo portare il frutto dell’amore di Dio riversato nei nostri cuori.
Con fiducia e speranza, con generosità, il seminatore ha seminato il seme perché noi possiamo portare il frutto di quella stessa fiducia e speranza per chiunque bambino, giovane o anziano noi incontriamo, e per la creazione tutta intera.
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Una parte del seme cadde sul terreno buono e diede frutto.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 13, 1-9
Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».
Parola del Signore.