Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 24 Giugno 2021

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Un nome unico e irripetibile

Al cuore del vangelo di oggi, solennità della nascita di Giovanni Battista, c’è l’attribuzione del nome al bambino nato da Elisabetta e Zaccaria. Nel mondo ebraico il nome era molto importante perché rimandava al compito della persona e alla sua identità profonda. Associando la scelta del nome alla circoncisione, Luca non rispetta la storicità dei fatti poiché il nome veniva dato alla nascita, non otto giorni dopo, ma ci rivela tutta la novità di Giovanni.

Con la circoncisione il bambino entra a far parte del popolo di Israele come suo padre Zaccaria, “il Signore si ricorda”, ma non può portarne il nome perché l’attesa è finita; il Signore realizza le promesse fatte, le profezie si compiono nel grembo gravido di Maria: la salvezza è giunta a pienezza e il Precursore del Messia deve chiamarsi Giovanni, “il Signore fa grazia, dona misericordia”. Il figlio di Zaccaria è segno e spiana la strada alla misericordia di Dio fattasi carne in Gesù, annuncia l’apertura di un tempo inedito. Zaccaria stesso lo comprende e – sanato dal mutismo che indicava la fine della mediazione sacerdotale e dell’economia dei sacrifici – canta l’opera di salvezza nel Benedictus (cf. vv. 67-79).

Celebrando la nascita del Battista, allora, noi festeggiamo l’avvento di un mondo nuovo, il tempo della misericordia in cui ciascuno di noi vive. E all’interno del mondo nuovo che Giovanni indica al suo popolo, ci scopriamo come lui detentori di un nome unico e irripetibile, un compito e un’identità profonda da incarnare.

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La nascita del Battista e “tutte queste cose” (v. 65) sono motivo di timore per i vicini e di interrogativi per gli abitanti delle montagne di Giudea. Come avverrà per Maria dopo il parto di Gesù, c’è chi lascia che il proprio cuore trattenga e mediti gli eventi, che una domanda resti aperta e, di conseguenza, che i propri occhi siano puntati sul bambino, la propria vita disponibile all’inatteso che maturerà grazie alla sua presenza. L’agire di Dio nelle vicende quotidiane, nelle nascite e ri-nascite di ogni giorno, incontra in noi, oggi, la capacità di stupirsi e di abitare l’incertezza di un quesito aperto? Il nostro cuore è spazio in cui i segni dell’azione divina possono decantare per trasformarci?

In chiusura leggiamo che Giovanni cresceva, si fortificava nello Spirito e viveva in regioni deserte. La solidità, la determinazione e la statura umana del Battista, che Luca illustrerà con la sua predicazione (cf. Lc 3), nascono dall’esperienza del deserto. Figlio di Israele, come i suoi padri che vissero l’esodo, Giovanni è educato da Dio in questo luogo aspro e inospitale, maestro di essenzialità, coraggio e silenzio. Essenzialità che dona il giusto posto al possesso delle cose e apre alla ricerca di senso per la propria esistenza (cf. Mc 1,6 ss.); coraggio di non piegare il capo di fronte ai potenti di questo mondo e alle loro logiche (cf. Mc 6,14 ss.); silenzio da cui scaturisce una parola chiara, autorevole, capace di stare di fronte a rifiuto e contestazione (cf. Lc 3,7 ss.). Precursore di Cristo nella morte, Giovanni lo è innanzitutto nella bellezza e credibilità della propria vita, un capolavoro di umanità che conduce all’uomo che solo Dio poteva darci, Gesù, misericordia piena del Padre.

sorella Chiara


Fonte

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