L’esperienza di essere conosciuti dal Signore
Oggi facciamo memoria dell’apostolo Bartolomeo che nel quarto vangelo viene chiamato Natanaele, dono di Dio. Quando Gesù trovò Filippo e lo chiamò alla sua sequela, questi andò subito a trovare Natanaele e gli disse: “Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella legge e i profeti” (v. 45). Sapeva che il suo compagno cercava ardentemente il Signore nelle Sante Scritture, e conosceva l’albero di fico sotto il quale stava per studiare la Legge.
Possiamo intuire poi la gioia con la quale Filippo gli annunciò questa parola: chi infatti, dopo un lungo cercare e attendere, non prova una grandissima gioia quando finalmente trova? Pensiamo ai re magi quando videro apparire la stella sul loro cammino verso Betlemme (cf. Mt 2,10). Pensiamo anche al padre misericordioso quando vide ritornare il figlio smarrito (cf. Lc 15,20.32). Cercare, attendere e trovare non è forse l’intimo moto dell’animo di ogni figlio d’Israele come di ogni essere umano?
Natanaele, in quanto profondo conoscitore delle Scritture, non si lascia attrarre a una facile gioia senza verifica. Avendo ascoltato Filippo attentamente gli chiede: “Da Nazareth può venire qualcosa di buono?” (v. 46). Allora Filippo gli dice le due parole di Gesù, che da Andrea in poi, sono state trasmesse ai cercatori di Dio e della vita: “Vieni e vedi” (v. 46), “Venite e vedete” (v. 39). Occorre che Natanaele alzi gli occhi dal libro e si drizzi per mettersi in movimento all’incontro di Colui che già è in cammino verso di lui. Scrive Gregorio di Nissa: “Natanaele, lasciato il fico della Legge, raggiunse la persona di Gesù”.
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Nel faccia a faccia con Gesù Natanaele riceve la risposta al suo cercare: l’esperienza piena di stupore di un incontro. Manifestando di conoscerlo, Gesù gli dice: “Ecco davvero un israelita in cui non c’è falsità” (v. 49), “Ti ho visto quando eri sotto l’albero di fico” (v. 48). E Natanaele rispondendo gli chiede: “Come mi conosci?” (v. 48). Ci ricorda la Samaritana che anche lei si meravigliava che Gesù la conosceva profondamente (Gv 4, 17.29).
In questa conoscenza si riflette tutto l’amore del Signore, la sua accoglienza senza riserva di ogni persona. L’esperienza dell’essere conosciuto e amato risveglia, e svela, la vita nascosta nel più profondo della persona e la fa emergere per quel che è in verità. È una conoscenza che dischiude anche un futuro, apre una via e un orizzonte: “In verità, in verità io vi dico”, dice Gesù, “vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo” (v. 51). Anche questa parola ci ricorda la Santa Scrittura: il racconto del sogno di Giacobbe in cui il patriarca vide una scala che poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo e gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa (cf. Gen 28,12).
Con questa immagine Gesù annuncia che il cielo ormai è aperto attraverso la sua persona. Da vedere, non sono angeli e messaggeri, ma è possibile la contemplazione del volto di Dio nella persona di Gesù, e andare a Dio Padre attraverso di Lui. Natanaele comprende, e con semplicità confessa la sua fede nel Figlio di Dio.
sorella Alice
Per gentile concessione del Monastero di Bose
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