Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 22 Dicembre 2021

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L’evangelista Luca pone sulle labbra di Maria questo canto di lode in cui riecheggia il cantico di Anna, madre di Samuele (cf. 1Sam2,1-10), un canto di lode secondo la tradizione biblica, ricco di citazioni. Tutto il testo è attraversato da un tema estremamente caro al terzo evangelista, tema portante di tutta la Scrittura: la predilezione di Dio per i poveri, per i piccoli del Signore.

Maria magnifica il Signore perché ha rivolto lo sguardo alla “bassezza”, alla piccolezza della sua serva. Riconosce la sua pochezza e per questo può magnificare l’opera di Dio, può accogliere il suo sguardo, la sua misericordia. Nella tradizione cattolica romana il termine tapeinosis è tradotto con “umiltà”, ma qui c’è già un pregiudizio con una connotazione morale, almeno a partire dalla tradizione occidentale e dal valore che diamo a questo termine. Tutto ciò rischia di farci perdere il senso e la forza dirompente del testo.

La beatitudine di cui Maria è oggetto, come anche Elisabetta l’ha proclamata, è la beatitudine di chi riconosce e riceve la misericordia di Dio nella propria esistenza, misericordia che dice la fedeltà di Dio alla sua promessa al popolo d’Israele e a tutti quelli che lo temono di generazione in generazione.

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La memoria dell’incarnazione che stiamo per celebrare è l’occasione per meditare sulla fedeltà di Dio che esprime realmente e concretamente giorno per giorno la sua onnipotenza nell’amore. In un mondo sempre più preoccupato dell’apparenza, di mostrare la propria superiorità rispetto agli altri, questo canto di Maria ci riporta alla verità di ciò che ciascuno di noi è, una verità che nella sua piccolezza è sempre amata e guardata da Dio. Solo nella piccolezza noi possiamo accogliere la sua fedele misericordia, e questa promessa sempre compiuta è la sorgente diuna gioia che nessuno può toglierci. Non la gioia effimera di una convenzione o di un rito quale facilmente può diventare il Natale, ma quella gioia profonda che con forza chiede di essere condivisa, chiede e urge l’incontro con l’altro e il dono di una gioia e di una speranza sempre possibile.

Riconoscendo questa fedeltà di Dio nella storia noi possiamo riconoscerci parte di un tutto, di una storia più grande che ha un passato di cui siamo debitori e un futuro che volenti o nolenti sarà segnato dal nostro oggi. Questo oggi della storia, di ogni storia, così caro a Luca, è un oggi che si dilata nel tempo se noi sappiamo viverlo nella pienezza e nella pochezza di ciò che ciascuno di noi è, senza cercare di primeggiare sugli altri, senza rincorrere successi effimeri, ma osando dire di sì ad ogni giorno della nostra esistenza, dire di sì come Maria senza calcoli di convenienza, a volte anche senza comprendere, ma solo affidandoci a quella promessa di misericordia, che è promessa di beatitudine, la beatitudine di chi ha sperimentato che nella nostra debolezza sta la sua forza. Forza di colui che sempre sarà fedele nell’amore e nella misericordia anche quando noi dovessimo diventare infedeli.

fratel Nimal


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