Si alzò e lo seguì
Oggi è la festa di S. Matteo apostolo ed evangelista. Secondo la tradizione è l’autore del vangelo che porta il suo nome, destinato ai credenti in Gesù il Messia che provenivano dall’ebraismo e avrebbe evangelizzato la Siria e l’Etiopia.
Nel suo vangelo descrive in un unico versetto la sua chiamata; due semplici righe narrano il suo incontro con Gesù, proprio a dirci che la vocazione è un incontro che cambia la vita e ne fa cambiare l’orientamento. Non è nient’altro di più che un lasciarsi guardare, ascoltare, alzarsi e seguire.
È Gesù che vede per primo Matteo-Levi, il figlio di Alfeo, secondo Marco e Luca. Lo vede seduto al suo lavoro di ogni giorno, un lavoro, pare, considerato poco onesto e poco osservante delle leggi. Ma Gesù lo vede e gli dice: “Seguimi”. Questa parola di Gesù è subito messa in atto da Matteo che si alza e lo segue. Questo racconto scarno, essenziale che ci rivela solo i movimenti avvenuti in questo incontro: Gesù che vede, Matteo che ascolta, che si alza e che segue Gesù, sta a ricordarci che l’essenziale è proprio questo movimento di seguire Gesù. È un incontro avvenuto in un determinato momento, ma è anche un incontro che si rinnova sempre e chiede sempre lo stesso movimento di ascoltare il Signore che ci chiama, per alzarci e seguirlo, perché la sequela ha sempre questa dinamica che si deve rinnovare nel cammino della vita. È importante questo “si alzò”: è l’atto che permette a Matteo di seguire, mentre il restare fermi al proprio posto non ci permette di metterci in cammino. La vita ci porta diverse occasioni di incontro con il Signore e da lì deve scaturire il nostro alzarci per cambiare, lasciandoci destabilizzare per poter andare oltre e altrove.
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Luca aggiunge un particolare “lasciando tutto, si alzò e lo segui” (Lc 5,28). L’alzarsi implica un lasciare, un rendersi liberi per seguire, e ciò non lo si fa una volta per sempre, ma è da mettere in atto più e più volte, se si vuole restare alla sequela del Signore.
La figura di Matteo poi scompare dai racconti dei vangeli, perché quello che conta è l’obbedienza all’appello del Signore e il seguire lui anche nel nascondimento, nel segreto, nell’ordinarietà che non appare, nella vita reale e non solo nelle parole.
Nei versetti successivi Gesù rivela qualcosa di sé, del suo sguardo, di come ci vede. Si ferma a casa di Matteo e là incontra pubblicani e peccatori, e questo scandalizza gli uomini per bene. Gesù ha uno sguardo libero che non si lascia condizionare da quello che vede, ha fiducia nel cuore dell’uomo, scommette sull’altro che incontra, anche a rischio del fallimento, come con il giovane ricco che se ne va triste.
Gesù chiama Matteo, mangia con pubblicani e peccatori perché non è la vita che noi conduciamo a muoverlo, ma il desiderio di cercarci e di donarci la vita piena, vera, sensata. Sa che “sono i malati che hanno bisogno del medico” e lui si fa vicino, prossimo a ciascuno di noi con questo desiderio di bene per noi: sia questa la fiducia che non ci abbandona mai. Qualunque sia la nostra situazione, anche di lontananza dal Signore, lui è lì che ci cerca, per sanarci.
sorella Roberta
Per gentile concessione del Monastero di Bose
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