“Voglio misericordia e non il sacrifici!”
Gesù si è spesso scontrato con l’ipocrisia religiosa che è ossessionata dall’osservanza minuziosa della legge, del “lecito” o “non lecito”, che, come dirà Gesù, paga la decima della menta, dell’aneto e del cumino e trascura la giustizia, la misericordia e la fedeltà (Mt 23,23). Forse alla base di tutto questo vi è il sottile orgoglio di salvarsi da noi stessi attraverso dei sacrifici personali spesi in osservanze rigorose.
Prendere spighe di grano in un campo durante il cammino era ammesso dalla legge che veniva incontro ai bisogni dei viandanti; sorgeva il problema nel farlo di sabato: questo scandalizzava quei farisei.
Gesù non entra in ragionamenti casuistici ma va alla Scrittura. C’è l’episodio di David e dei suoi compagni, fuggiaschi e affamati, che mangiano i pani posti sull’altare, che solo ai sacerdoti era lecito mangiare (1 Sam. 21,2-7). Inoltre, in giorno di sabato, i sacerdoti lavorano nel tempio: la grandezza di significato del tempio, luogo dell’incontro con Dio, li giustifica e li rende senza colpa.
- Pubblicità -
Partendo da questa controversia Gesù rivela una verità su sé stesso: “Qui vi è uno più grande del tempio”. Quando Matteo scrive il vangelo il tempio è già stato distrutto dai romani. Ormai è Gesù, il suo corpo, il luogo della presenza e dell’incontro con Dio. In lui tutta la legge trova compimento e interpretazione.
Nel processo davanti al sinedrio Gesù sarà accusato di aver detto: “Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni”; ugualmente Stefano, primo martire, sarà accusato di aver detto che Gesù avrebbe distrutto il tempio e sovvertito le usanze tramandate da Mosè. Ecco come è possibile condannare capendo poco e mal interpretando le parole di un altro.
Gesù cerca di guarire il cuore indurito di quegli uomini religiosi ritornando a citare il profeta Osea che aveva smascherato la religiosità insincera e superficiale: “Voglio l’amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti” (Os 6,6). Già l’aveva citato una prima volta a quei farisei scandalizzati per il suo mettersi a tavola con pubblicani e peccatori «Non sono i sani che hanno bisogno del medico ma i malati. Andate a imparare cosa significa: Misericordia io voglio e non sacrifici”» (Mt. 9,13).
È la misericordia che muove l’agire di Dio. Dove si dimentica la misericordia anche la Legge è svilita per quanto sante e buone ci sembrino le nostre osservanze. Questa misericordia Gesù l’ha mostrata in tutta la sua vita.
A conclusione del brano Gesù ci rivela un’altra verità su sé stesso: “Il figlio dell’uomo è Signore del sabato”. Il sabato che Dio ha fatto a favore dell’uomo e non contro l’uomo. Purtroppo sovente gli uomini religiosi danno importanza solo a pratiche devozionali rivolte a Dio e ignorano pratiche di misericordia rivolte al proprio prossimo. Infatti vediamo a conclusione del brano seguente, dove Gesù guarisce un uomo dalla mano rattrappita in giorno di sabato, che quei farisei, per onorare Dio, condannano a morte Gesù.
fratel Domenico
Per gentile concessione del Monastero di Bose
Puoi ricevere il commento al Vangelo del Monastero di Bose quotidianamente cliccando qui