Fiorire tenace e gratuito
Oggi Gesù sale su una barca e ci racconta una storia. Nel suo percorrere le strade della Galilea, della Giudea e della Samaria Gesù guarda attorno a sé, osserva la natura, i paesaggi che scorrono sotto il suo sguardo, le persone che incrocia e conosce e da esse sa trarre lezione, insegnamento e consolazione. Gesù raccoglie, custodisce e medita su ciò che incontra, nota, conosce, scopre e ne sa raccontare delle piccole storie, delle parabole che ci portano il suo insegnamento, il valore e il senso che lui dà alla vita che viene dal suo pensare e pregare il Padre.
Emerge subito che questo seminatore che esce a seminare è un po’ insensato e disattento perché sparge il suo seme lungo la strada, anche su terreni sassosi e pieni di spine, di rovi e solo una parte del suo seme finisce sul terreno buono che darà frutto. È un seminatore che non guarda dove cade il seme, è come se l’importante per lui fosse il seminare che viene prima di tutto, prima di ogni logica di buon senso e di buona resa del raccolto. Sembra dirci che davvero il buon seme cresce insieme alla zizzania, che addirittura il buon seme viene gettato proprio in terreni che sono inadatti al raccolto: la strada che proprio non è un terreno coltivabile, tra i sassi dove il seme fatica a crescere e non ha spazio. Ma che bello scorgere il fiorire tenace e gratuito di una pratolina o di una viola del pensiero proprio tra i sassi, addirittura tra il cemento!
Possiamo passare dai terreni del suolo al terreno che è il nostro cuore. Anche dentro di noi ci sono strade con terreno duro, sassi e rovi dove c’è poco spazio per germogliare, e c’è il terreno fertile. Su tutte queste superfici il Signore semina e getta il suo buon seme, lascia cadere la sua Parola che può germinare e portare frutto.
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Durezze, aridità, ferite, fatiche: niente è estraneo all’agire del Signore, lui desidera anche entrare in esse per portare rugiada e balsamo per lenire, consolare e sollevare.
Le immagini del Padre che Gesù ci rivela sono sempre disarmanti perché ci parlano di un Dio senza misura, senza calcolo, che ci è vicino sempre e nulla di noi lo allontana da noi, neanche il nostro peccato, la nostra infedeltà, la nostra incapacità di cambiare e camminare dietro a lui. Sì, Gesù ha imparato dal Padre che in ciascuno di noi c’è anche e sempre quel terreno buono che porta e porterà frutto.
Come portare frutto? La via ce la indica il vangelo di Giovanni quando Gesù dice in modo solenne: “In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna” (Gv 12,24-25). Portare frutto è donare la propria vita, non trattenere per sé, ma aprirsi al dono, alla gratuità, al servizio, all’amore grande senza riserve.
Il Signore ci doni di accogliere questa logica del seme che muore per portare frutto, logica che sembra anch’essa senza senso. Ma solo così quell’angolo di cuore che è il terreno buono può essere lo spazio in cui il seme può germogliare e crescere fecondando anche gli angoli che restano incolti che rendono il nostro cuore piccolo, sofferente e arido. Non si spenga mai in noi il desiderio dell’amore grande che Gesù ci rivela del Padre di tutti noi.
sorella Roberta
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