Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 21 Gennaio 2021

Gesù è letteralmente circondato, arriva folla dai quattro punti cardinali: dalla Galilea, al nord; da Tiro e Sidone, a ovest; da oltre il Giordano, a est; e da Gerusalemme e dalla Giudea, a sud. Hanno assistito alle sue guarigioni, ascoltato i suoi insegnamenti, la voce su di lui si è diffusa e “sentendo quanto faceva” (v. 8) tutti lo cercano, vogliono vederlo, toccarlo (cf. v. 10). Questi pochi versetti, oggi, possono sembrarci semplicemente un sommario di passaggio tra eventi importanti nella vita di Gesù, ma se ascoltiamo con attenzione, anche oggi la Parola è parola di vita per le nostre vite.

Tutto ha inizio con l’allontanarsi di Gesù. Gesù si ritira nel momento in cui il complotto che porterà alla sua morte ha inizio: “E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire” (Mc 3,6). La sua vita è in pericolo, pericolo che tuttavia non viene solo da questi avversari. Esistono pericoli per le nostre vite che spesso hanno parvenza di bene, sono difficili da discernere come male per noi. Gesù non si allontana solamente dai nemici, egli cerca di allontanarsi anche dalla folla, talmente numerosa e incalzante, che rischia di schiacciarlo (cf. v. 9), si getta su di lui per poterlo toccare, per ottenere, dal semplice contatto con lui, una guarigione, un miracolo. Gesù mette una distanza: fugge dall’immagine che gli esseri umani possono essersi fatti di lui.

Gesù non ci sta insegnando l’arte della fuga, l’allontanamento dagli altri che ha come obiettivo la nostra serenità e tranquillità personale. Gesù prende una distanza da un modo sbagliato di essere suoi discepoli. La folla sembra quasi voler sequestrare Gesù perché ha delle aspettative: si attende la guarigione, la parola giusta, l’indicazione su ciò che è bene e su ciò che è male. Ma queste attese, queste pretese schiacciano Gesù, soffocano la sua Parola. Questo avvicinarsi a lui ha come fine l’appropriarsi di lui per soddisfare i propri bisogni, non gli permette di essere chi lui è veramente. Un guaritore? Un mago? Un consigliere per chi cerca vie facili, senza imprevisti e inciampi? Cosa cerchiamo da Gesù e dalla nostra relazione con lui? Chi cerchiamo quando lo cerchiamo?

Anche gli spiriti impuri si avvicinano a Gesù, addirittura si gettano ai suoi piedi (cf. v. 11). Anch’essi credono di sapere chi lui è, “Io so chi tu sei” (Mc 1,24). La distanza viene di nuovo annullata: essi possiedono una verità intellettuale e così pensano di poter possedere anche Gesù stesso. Il loro è un sapere diabolico, un sapere che priva Gesù della sua verità, della sua novità folle e scandalosa del Figlio incarnato. “Tu sei il Figlio di Dio” (v. 11): essi non lasciano spazio a quel mistero che rimane sempre quando entriamo nella relazione con l’altro, quella distanza che permette che il rapporto sia libero, gratuito, casto. Una relazione che non fagocita l’altro, che non cerca di possedere, che lascia l’altro essere altro dall’idea o dalle immagini che noi possiamo farci di lui. Gesù è il Figlio amato del Padre e lo è come uomo, è la nostra salvezza incarnata in un uomo. E Gesù mette la distanza anche con loro: “Egli imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse” (v. 12).

Gesù non teme la vicinanza, non si allontana da noi, egli stesso si avvicina, tocca i nostri corpi sofferenti, ci offre una relazione vitale, ma non si lascia usare e soffocare. Ama e insegna a noi l’amore libero e gratuito per i fratelli e le sorelle, l’amore di chi non si è lasciato sottrarre la vita ma l’ha custodita per poterne fare dono a noi.

sorella Elisa


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