Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 21 Dicembre 2022

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Maria: perché?

Maria: perché?. La domanda trova la sua risposta in un brano del Vangelo di Giovanni: “Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: ‘Donna, ecco tuo figlio!’. Poi disse al discepolo: ‘Ecco tua madre!’. E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé” (Gv 19,26-27). Il perché di Maria nell’orizzonte ecclesiale e personale nasce dalla libera decisione del Figlio di donare sua madre, non disattesa alla libera decisione del discepolo di accoglierla in casa sua come presenza preziosa.

E questo perché i discepoli amati di ogni luogo e tempo, rappresentati da Giovanni, vedano in lei il proprio dover essere. A questa chiave di lettura ci conducono i numeri 53 e 63 della costituzione conciliare “Lumen gentium” del concilio Vaticano Il, che parlano di Maria come tipo, esemplare e modello della chiesa, di essa esemplificazione. Alcuni esempi:

1. Dare spazio a Maria nel proprio vissuto personale ed ecclesiale, contemplandola con gli occhi del cuore, significa in primo luogo cogliere in lei il come Dio sta davanti all’uomo, il come si racconta, generati a un’immagine alta e pura di Dio. Punto di riferimento è il racconto dell’Annunciazione (Lc 1,36-48), ove Dio “si dice” come esodo, permesso, buona notizia e portatore di un sogno. Esce tramite il suo angelo dalla sua inaccessibile luce (1Tm 6,16) per sostare alla soglia di una casa abitata da un’umile donna di nome Maria, bussando, chiedendo il permesso: Dio rispetta abitazioni e coscienze (cf. Ap 3,20), non si permette di violare né con la forza né con la seduzione.

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E a Maria che gli apre la porta scandisce parole che sono dolcissime notizie: “Piccola figlia rallegrati, gioisci, esulta, esci da ogni paura, vengo a te per dirti che hai trovato grazia, benevolenza presso un Dio che è con te, mai contro di te, in un amore che ti rende bellissima, graziosa, mia creatura riuscita: l’amata resa capace di amare. E su di te ho un sogno, ti chiedo, se vuoi, di diventare il grembo della Parola, la terra del Cielo, l’aurora del Sole, la Madre del Figlio, Gesù il Signore. La terra ne ha tanto bisogno”.

Così Dio nel suo angelo si dice a Maria, data a ciascuno e alla chiesa per apprendere da lei come Dio si colloca al cospetto dell’uomo: come un venuto da lontano a incidere nel cuore di ogni nato il suo inno di tenerezza: “Gioisci, amatissimo, di un amore che ti rende solare, diventa dimora e parto al mondo del sole di Dio, il Cristo, con il volto, con la parola, con il gesto evangelici”. Non resta che lo stupore dinanzi a un simile Dio, non resta che aprire la porta a una simile immagine di Dio in grado di trasformare il peccatore in innocente. Devozione a Maria è dirle grazie per il suo ricordarci che come Dio si è detto a lei così si dice a noi, a lei a suo modo, al nostro modo nella consapevolezza che il suo amore rende innocenti i peccatori. Maria, chiave di lettura della grazia.

2. Dare spazio a Maria nel proprio vissuto personale ed ecclesiale, contemplandola con gli occhi del cuore, significa, in secondo luogo, cogliere in lei la chiave della lettura della fede. Al dirsi di Dio a lei corrisponde un dirsi di Maria a Dio. Nel “fiat”: “Avvenga di me secondo la tua parola” (Lc 1,38), nel “magnificat”: “L’anima mia magnifica il Signore” (Lc 1,46), nel “gladius”: “Una spada ti trafiggerà l’anima” (Lc 2,35). Maria donata alla chiesa come illustrazione della risposta della fede. Credere è dire liberamente “sì” al farsi vicino di Dio e della sua parola, il divenire totalmente dediti all’apparizione del Figlio al mondo, e questo nella gioia e nella consapevolezza che mai è a basso prezzo. La testimonianza del vangelo, simultaneamente dolce musica (cf. Lc 7,32) e segno di contraddizione (cf. Lc 2,34), inesorabilmente presenta i suoi costi, il discepolo lo deve sapere e ne deve gioire (cf. Lc 6,22-23). Il costo del dolore, l’afflizione nel vedere disatteso il dono del Figlio al mondo e la misteriosità del Figlio stesso non sempre di facile lettura. Così il cammino della fede oscura di Maria che non comprende (cf. Lc 2,33-50) ci insegna a conservare, come lei, tutto nel cuore, a ruminarlo e ad attendere il giorno delle chiarezze (cf. Lc 2,19) vivendo nel frattempo con la luce che ci è data. Maria è una sorella che ci ammaestra e ci accompagna nel giorno oscuro e doloroso del cammino della fede. Ci è di esempio e ci sostiene.

3. Dare spazio a Maria nel proprio vissuto personale ed ecclesiale, contemplandola con gli occhi del cuore, significa in terzo luogo resa a una sua grande provocazione: il “primato dell’ascolto” nel tempo del fascino del paradigma ottico, ovvero delle visioni, apparizioni, miracoli e quant’altro. La singolare vicenda di Maria nasce da un “disse”: l’angelo, “entrando da lei, disse” (Lc 1,28), e prosegue con un “disse”: “Allora Maria disse” (Lc 1,38). La relazione Dio-uomo illustrata da Maria è fondata sulla parola, in sintonia con la grande tradizione ebraico-cristiana dell’“Ascolta”. Ci ricorda che “la vita cristiana è la crescita di un orecchio” (Isacco il Siro), “un orecchio come patria” (A. J. Heschel), “si nasce dall’ascolto” (F. Rosenzweig), l’udito ci rende veggenti, ci apre gli occhi del cuore, ci pone in movimento costituendoci chiesa in uscita che porta la Luce, come già Maria a Elisabetta e Giovanni (cf. Lc 1,39-45), a Simeone e Anna (cf. Lc 2,22-38), e chiesa che fa trovare la Luce, come già Maria ai pastori (cf. Lc 2,8-20) e ai magi (cf. Lc 2,1-12). Maria modello di chiesa missionaria, ad essa memoria che tutto è fondato sulla parola: “Qualsiasi cosa vi dica, fatelo” (Gv 2,5), l’unica parola di Maria, di valore testamentario, rivolta e lasciata all’uomo nel Nuovo Testamento. Una Maria, infine, povera e umile, alle comunità memoria di un Dio che sceglie chi non conta per le sue opere meravigliose.

fratel Giancarlo

Per gentile concessione del Monastero di Bose

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