Nel versetto precedente, che conclude la spiegazione della parabola del seminatore, l’evangelista ha parlato di “colui che ascolta la parola con cuore bello e buono, la custodisce e porta frutto con perseveranza”. La Parola, come una lampada, è fatta per illuminare tutta la casa, la Parola accolta è in grado di far luce attorno a sé. Il credente che la accoglie viene illuminato e diventa capace di diffondere quella luce attorno a sé. Non ha senso accogliere la luce del Vangelo senza che porti frutti. I credenti sono riconoscibili da quanto lasciano trasformare, trasfigurare la loro vita dalla Parola, e non si tratta di escogitare sforzi eroici, opere grandiose. E’ il lavoro quotidiano che la luce della Parola immette in noi. Ciò che è nascosto in noi, le nostre profondità, anche le nostre zone più buie e infernali, a contatto con la Parola di Cristo, accolta e obbedita con fede, vengono curate, purificate, anche risanate. E’ un lavoro che dura tutta la vita ma porta pace. Cristo ha vinto l’inferno e ci associa alla sua vittoria. La nostra lotta è lasciare che la luce si confronti con le nostre tenebre: è quella luce a vincere le nostre tenebre non i nostri protagonismi magari pii e zelanti.
Questo lavoro nascosto, questa fatica perseverante, verrà alla luce come un fiume sotterraneo che infine esce per dissetare con acque limpide uomini e animali.
“Fate attenzione a come ascoltate , perché a chi ha sarà dato …”. Quale posto reale ha nella nostra vita l’ascolto della Parola ? Questo è il problema vero. Come nella successiva parabola delle monete d’oro affidate (Lc. 19,11-26), l’ascolto genera altro ascolto, innesca un lavorio fecondo che arricchisce, mentre il non-ascolto può solo impoverire e far perdere anche quello che si crede di avere. Chi ascolta sarà colmato dalla Parola. Nel salmo il Signore ci promette “apri la bocca e io la riempirò” (Salmo 81,11). Di comprensione in comprensione.
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L’ascolto ci rende più somiglianti a Cristo, più somiglianti al suo pensare, al suo sentire : ci rende figli nel Figlio. E’ quello che nella successiva parabola sui veri parenti di Gesù ci viene mostrato. La parola di Gesù, vissuta in noi, crea, alimenta, rinsalda sia il legame con Gesù e sia il legame dei credenti tra loro. Vuol dire lasciare che l’amore che riceviamo dall’ incontro con il Signore sia accolto e riconosciuto, allora ci renderà capaci di rispondere all’amore con l’amore.
La parola di Gesù è luce perché Gesù stesso è luce e noi possiamo ripetere col salmo 27 “Il Signore è mia luce e mia salvezza”. E la verifica esistenziale di questa appartenenza alla luce ci è data da quello che dice l’apostolo Giovanni: “Chi ama suo fratello rimane nella luce e non vi è in lui occasione di inciampo” (I Gv. 2,9).
fratel Domenico
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