Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 20 Novembre 2020

Luca riporta l’episodio di Gesù che scaccia i venditori dal tempio in modo più breve ed essenziale rispetto agli altri evangelisti: dice solo che Gesù si mise a scacciare quelli che vendevano (nei testi paralleli si ha: “vendevano e compravano”; o si ha l’elenco dettagliato degli animali e delle cose vendute, o si descrivono i suoi gesti: rovesciare i tavoli, fabbricare una sferza di cordicelle); non parla di guarigioni di ciechi e zoppi (cf. Mt 21,14), né riferisce azioni miracolose (maledizione del fico sterile: cf. Mt 21,18-19; Mc 11,12-14). In Luca, Gesù ha appena pianto su Gerusalemme, entra nel tempio e insegna, suscitando nel popolo un sentimento forte, quasi un legame con lui: tutti lo ascoltano con particolare attenzione e continuano ad ascoltarlo. All’inizio del terzo vangelo Maria e Giuseppe avevano trovato Gesù nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava, mentre tutti erano pieni di stupore (cf. Lc 2,46-47). Ora Gesù ritorna nel tempio, per la prima volta dopo il capitolo 2, e il suo insegnamento suscita l’attenzione del popolo per l’autorevolezza che ha, e la ribellione delle autorità, che vi vedono un attentato al loro potere.

La cacciata dei venditori dal tempio è stata interpretata, già dai padri dei primi secoli, a vari livelli: letteralmente, come descrizione di un fatto storico, e in modo simbolico-spirituale a partire dalle diverse valenze della parola “tempio”. Essa è dunque un invito ai giudei, a purificare il loro tempio e ripristinarlo come casa di preghiera secondo gli appelli profetici, una messa in guardia rivolta alla chiesa e a quanti nella chiesa volgono a loro profitto la pietà dei fedeli, un appello all’anima del credente, simboleggiata dal tempio, a scacciare i pensieri e i proponimenti perversi. “Questo tempio di Dio per natura, appunto la nostra anima, col peccare lo abbiamo riempito di pensieri che vendono e comprano, e di altri ragionamenti che considerano tutto in funzione del denaro… Orbene, a quelli che peccano e si sono riempiti di pensieri ‘ladri’ Gesù dice ciò che è scritto: La mia casa sarà chiamata casa di orazione, ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri” (Origene). 

La tradizione medievale ebraica cita il passo di Geremia 7,11 in un contesto di pensiero parallelo: “L’uomo che cerca di ottenere la grazia di Dio deve usare grande cura e sforzo nel servizio del culto, nell’obbedire ai comandamenti e star lontano da ciò che egli ha proibito. Ma se mette la sua fiducia nel Signore e tuttavia non cessa di ribellarsi a lui, quanto è folle e quanto debole è la sua conoscenza. Voi confidate in parole false, che non giovano: rubare, uccidere, commettere adulterio, giurare il falso. Poi venite e vi presentate davanti a me in questo tempio, sul quale è invocato il mio nome, e dite: ‘Siamo salvi!’, e poi continuate a compiere tutti questi abomini. Forse per voi è un covo di ladri questo tempio sul quale è invocato il mio nome? (Ger 7,8-11)” (cfr. I doveri del cuore).

Ognuno è responsabile per il tempio del proprio cuore: questa non è soltanto una lettura pia, ma ci avverte che le parole di Gesù ci riguardano direttamente. Nel desiderio di tornare al Signore, dobbiamo imparare a discernere i pensieri buoni e quelli menzogneri che ci rubano a noi stessi, i desideri che dilatano il nostro cuore e le avidità che ci lasciano moribondi. Canta Andrea di Creta: “Padre di pietà, vienimi incontro tu con la tua compassione. Sono io colui che era incappato nei ladroni, che sono i miei pensieri, e sono stato da loro ferito in ogni parte: mi hanno riempito di piaghe; vieni dunque tu stesso a curarmi, Cristo salvatore” (Grande Canone).

sorella Raffaela


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