Della collera e della tristezza: potrebbe essere il titolo di questa pagina evangelica. Da un lato Gesù che vive intensamente nel corpo; dall’altro un gruppo ostile frigido. Da un lato Gesù che non teme di provare emozioni forti come la collera e la tristezza che producono un venir meno dei confini personali, una perdita di autocontrollo, dall’altro un gruppo descritto dall’indurimento del cuore, da una tale insensibilità che li rende inetti a qualunque partecipazione emotiva alla realtà degli altri. Gesù è un maschio che non è più distaccato dal proprio corpo e dalla propria emotività: ha saputo trasformare la propria identità maschile convertendosi dal sistema patriarcale. Sente con il suo corpo. Proprio da questo sentire rielaborato nasce il suo agire a favore dell’essere umano dinanzi a lui. Coloro che lo vedono come un pericolo sono in realtà prigionieri di una visione di mascolinità ancora definita dalla prestazione e dal dominio che li spinge alla negazione della propria emotività. Non a caso alla fine del brano si crea una sorprendente alleanza fra due gruppi di potere, quello degli esseri umani religiosi e quello dei sostenitori del tetrarca regnante noto per la sua corruzione. Un’alleanza bizzarra fra chi cerca di vivere in maniera integerrima nella storia e chi scende a compromessi di ogni sorta. Per entrambi Gesù con il suo corpo esposto all’incontro è troppo destrutturante.
Della collera e della tristezza. Della collera per l’ingiustizia che sta accadendo davanti ai suoi occhi, in cui in giorno di sabato i difensori della legge cercano un motivo per metterlo a morte, trasgredendo per primi il comandamento del sabato. Ma molto più della collera per l’ingiustizia che subisce un figlio di Israele: questi non può partecipare al sabato, giorno in cui è bandito ogni asservimento.
Della tristezza per il cuore duro degli avversari, per il loro fallimento umano. È come se avessero scordato di credere al Dio turbato dal grido di lamento dei figli di Israele schiavi in Egitto (cf. Es 2,23-25), al Dio che promette di coinvolgersi fisicamente con le traversie del suo popolo (cf. Es 3,13-15). È come se non fossero più toccati nel cuore da ciò che sta al centro della loro fede.
Collera e tristezza sono la forma della compassione di Gesù per l’uno e per gli altri. La collera è la compassione che, abbracciando un essere umano menomato, rifiuta l’ingiustizia, ricusa l’orrore, resiste all’assurdo dell’esistenza. La collera potrebbe piegare Gesù su di sé rischiando di implodere in microconflittualità o di incancrenirsi nel rancore. Gesù la elabora in un gesto di cura a favore dell’altro essere umano. Le emozioni sono per Gesù la materia della sua conoscenza della realtà. Per lui al primo posto non c’è un sistema di valori né un’organizzazione sociale né un’istituzione religiosa, camuffamenti della ricerca di potere, ma l’essere umano che gli sta di fronte e che egli sente con tanta maggiore intensità quanto più la sua realtà è ferita. Si tratta di scegliere di far vivere l’altro, quell’altro di cui collera e tristezza hanno reso sensibili dell’ingiustizia che patisce e dell’isolamento che vive.
fratel Davide
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