Nei brani precedenti Gesù sta compiendo gesti di guarigione e nel frattempo sta chiamando i suoi discepoli a seguirlo. Le due azioni non sono distinte. Anche la chiamata dei discepoli può essere inserita nel disegno di salvezza che Gesù è venuto a portare a compimento. Oggi si parla della chiamata di Levi. È un racconto di sequela molto essenziale che riproduce tutte le azioni fondamentali della chiamata: vi è l’iniziativa di Gesù (lo vide), l’imperativo del seguire e la prontezza di lasciare tutto da parte di Levi.
L’immagine di Levi che si alza dal tavolo delle imposte ricorda la guarigione del lebbroso che viene narrata poche righe prima. Nei due casi la risposta a Gesù è repentina e il nuovo stato di entrambi procura loro molta gioia, proprio come la donna che, perduta e, poi, ritrovata la moneta, chiama le amiche per far festa (cf. Lc 15,8); o come il contadino che, trovata la perla preziosa nel campo, va e vende tutto quello che ha perché quello che ha trovato è ben più prezioso di quanto aveva.
Dopo la chiamata di Levi il brano prosegue con l’invito a partecipare al banchetto che Levi rivolge a Gesù. Levi dopo aver acconsentito con libertà alla chiamata di Gesù non si limita solo a mettersi alla sua sequela, ma compie un cambiamento radicale della propria esistenza. Egli abbandona quanto per lui era una sicurezza per seguire colui che lo vede. Nel brano non c’è nessuna promessa da parte di Gesù verso Levi, ma è possibile che il suo sguardo – che riconosce in lui una persona per quello che è e soprattutto per quello che può essere – spinga Levi a lasciare tutto e a seguirlo.
Nella disputa seguente emerge la differenza tra Levi e i farisei. Levi è riuscito a farsi toccare da una parola esterna, che esula dal suo mondo, fatto di ricchezze e di inganno, per mettersi alla sequela del Signore. Certo la sua scelta è a caro prezzo e soprattutto sarà una scelta da compiere e da approfondire ogni giorno, ma è riuscito a sentire in quella parola la possibilità di una nuova vita. I farisei al contrario, sono rimasti fermi al loro sguardo che guarda, ma non vede. Se Gesù aveva visto la persona Levi, i farisei vedono soltanto un pubblicano e un peccatore. Levi nella sua felicità riesce ad invitare Gesù al banchetto, i farisei non riescono neanche a rivolgere la parola a Gesù: mormorano tra loro e interrogano i suoi discepoli. Essi rimangono chiusi nel loro mondo di giudizio che non permette loro di compiere nessun cambiamento. Proprio di questo cambiamento parla Gesù quando, rispondendo loro, dice: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano”. Il movimento che si è innescato nella vita di Levi è teso a questa conversione, la staticità dei farisei è, invece, una chiusura su di sé e un’autoreferenzialità, che non permette loro di lasciarsi interpellare da una parola diversa dalla loro.
Che questo tempo di quaresima ci aiuti ad accogliere la Parola che ci interpella ad un cambiamento.
sorella Beatrice
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