Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 2 Luglio 2020

Cafarnao, riva del lago. Alcuni amici di un paralitico, che non vogliono fargli perdere l’occasione di ascoltare Gesù, glielo portano su una barella. Egli discerne in questo gesto l’invisibile. Nell’amore “vede la fede/fiducia” (cf. v. 2) all’opera, il che lo induce a rispondere, con delicatezza: “Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati” (v. 2).

Terreno minato… Tagliamo corto: “Pur non legando il peccato alla malattia, Gesù sa che la malattia è una menomazione e, come tale, sta nello spazio del peccato. Si fa dunque ministro di un’azione divina, rimette i peccati non come condizione previa alla guarigione, ma rivela che la guarigione fisica è solo un aspetto della guarigione dell’intera persona. Non rimette i peccati affinché l’uomo sia degno del miracolo, ma in tal modo guarisce dalla malattia” (E. Bianchi).

Ciò però infastidisce gli scribi presenti: “Costui bestemmia!” (v. 3). Sottinteso: “Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?” (Mc 2,7). L’occhio cattivo li porta a stravolgere la realtà: Gesù ha usato il passivo divino (“sono perdonati”: v. 2), con ovvio riferimento a Dio quale autore, mentre essi ravvisano nelle sue parole gli estremi per un’accusa di blasfemia. È tutta una questione di sguardo: Gesù vuole restituire pienezza di vita all’uomo, mentre gli scribi non comprendono che la remissione dei peccati, invocata da Dio, può rimettere in piedi una persona.

Gesù non affronta il problema in termini complicati. Sceglie invece di riportarlo su un terreno comprensibile a tutti e istruttivo per chi in nome delle idee dimentica la concretezza della vita. Come si vive, così si pensa, e viceversa! Da attento osservatore – “sa, vede i loro pensieri” (cf. v. 4) – riconosce le loro intenzioni e le smaschera apertamente: “Perché pensate cose cattive nel vostro cuore?” (v. 4). Perché guardare con occhio cattivo (cioè invidioso: cf. Mt 20,15) i pensieri che vogliono il bene dell’altro? Che senso ha? Costoro hanno inchiostro, non sangue nelle vene…

Segue una delle domande di Gesù più affascinanti: “È più facile dire: ‘Ti sono perdonati i peccati’, oppure: ‘Àlzati e cammina’?” (v. 5). Ragionamento classico dell’esegesi rabbinica: se può guarire fisicamente il malato (il visibile), a maggior ragione avrà l’autorevolezza di perdonare i suoi peccati (l’invisibile). Proprio a questo è interessato: curare, se non proprio guarire, il cuore umano tentato di non nutrire pensieri buoni, di non fidarsi. Quanto è più facile continuare a coltivare la sfiducia, non credendo che l’altro possa “rimettersi in piedi” (cf. vv. 5 e 7), e guardando con cinismo chi tenta di aiutarlo a vivere. Paradossalmente, molto più che rimettere in piedi un paralitico…

Gesù non accetta una risposta banale, ma ci mette in discussione. E lo fa ponendosi in gioco: “Perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati: Àlzati – disse al paralitico –, prendi il tuo letto e va’ a casa tua” (v. 6). Questione riaperta: la guarigione fisica, che giunge alla fine, non è il centro dell’evento, ma solo un segno che ridesta il nostro cuore e il nostro sguardo. Il perdono di Gesù, Figlio dell’uomo sempre veniente, ci rimette in piedi: perché non ci fidiamo del suo sguardo che vuole scandagliare il nostro cuore per ridargli vita, cioè fiducia condivisa e occhio buono verso chi ci è accanto? Perché non impariamo a perdonarci?

Fratel Ludwig


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