Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 2 Febbraio 2022

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Un desiderio di luce

Oggi celebriamo la festa della presentazione del Signore al tempio, che ci ricorda che quaranta giorni dopo la nascita di Gesù, Maria e Giuseppe lo portarono al tempio per riscattarlo con l’offerta di due tortore, come prescrive la Legge del Signore. Questo adempimento della Legge è il primo incontro di Gesù con il suo popolo, nelle persone dell’anziano Simeone e della profetessa Anna.

Nella tradizione giudaica il tempio è visto come il luogo e il segno della presenza di Dio in mezzo al suo popolo; si comprende la decisione di Maria e Giuseppe di salire al tempio per la “presentazione” di Gesù, e pure il legame al tempio di Simeone e di Anna, figure dell’umile resto d’Israele che attendeva la redenzione di Gerusalemme. 

Questo rapporto con il tempio non esprimeva soltanto la fedeltà a una tradizione, l’appartenenza a una storia di alleanza e di salvezzache è andata intrecciandosi nel corso del tempo, ma era dettato da una disponibilità a lasciarsi condurre dalla volontà del Signore nell’attraversare le vicende della vita, come esprimono bene le parole dei personaggi di questo racconto: Simeone e Anna, capaci di attendere e di scrutare i segni dell’azione divina nella loro storia personale e del popolo cui appartenevano; Giuseppe e Maria, in atteggiamento di ascolto docile e stupito di fronte a quanto veniva loro annunciato. Conservare un’apertura verso qualcosa di grande può alleggerire il bagaglio di tante pesantezze e contrarietà che possiamo incontrare nella vita.

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Simeone, il cui nome significa “Dio ascolta”, uomo giusto e timorato di Dio, vede esaudito il suo desiderio di vedere il Messia, lo riconosce e lo indica pubblicamente. La profetessa Anna, anziana, vedova, vive nel tempio da tanto tempo, “servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere”. Entrambi sono figure di Israele che si apre al Messia. Rivolgono la loro attenzione verso il piccolo e non più al Santo dei santi dove si pensava dimorasse la gloria di Dio; è lui ormai il vero tempio, la consolazione di Israele. Riescono a intravedere la presenza divina in quel bambino, perché scorgono ciò che gli altri non vedono, e celebrano la presenza del Signore. 

Il bambino sarà luce del mondo, ma una luce che conoscerà anche il rifiuto: “Egli è qui per la caduta e la resurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione” (Lc 2,34). Un travaglio che coinvolgerà anche la madre, il cui destino riflette quello del figlio. Ci possono essere giorni difficili, come quelli che vengono preannunciati a Maria, la cui fatica può essere trasformata dalla speranza che teniamo accesa nel cuore. 

Anna e Simeone ci testimoniano un’attesa capace di scrutare l’invisibile Presenza che si offre alle nostre vite, per essere pronti ad accoglierla. Sono gli umili di cuore di cui si compiace il Signore, “che sanno costantemente riportare al cuore le radici, ciò che ha attraversato la loro storia, ciò che li ha condotti fin qui, per farne tesoro. … E nel contempo hanno a cuore il futuro, sono capaci di guardare i germogli e di aprirsi alla novità con la memoria carica di gratitudine” (papa Francesco). 

fratel Salvatore


Fonte

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