Una gioia che mette in movimento
Un povero salariato che lavora la terra di un altro, per puro caso, arando un campo, si trova di fronte a un’opportunità eccezionale. Il bracciante non ha fatto assolutamente niente per meritarsi il tesoro, non ha faticato per cercare, ma all’improvviso la scoperta fatta cambia la sua vita. Quel povero contadino non si lascia perdere un’occasione così straordinaria. Per giungere a un possesso giuridicamente valido l’unica via possibile era acquistare il campo. La decisione è presa al momento stesso della scoperta del tesoro. Potremmo dire che il tesoro si è impadronito dello scopritore. Il vero protagonista del racconto è il tesoro, non il contadino!È il tesoro che agisce in colui che l’ha scoperto e trasforma la sua esistenza, mette in movimento il cuore, lo afferra, lo possiede. Qual è il nostro tesoro? Dov’è il nostro tesoro? La consapevolezza che siamo abitati da un grande tesoro, dovrebbe mutare il nostro sguardo su noi stessi, sugli altri, sulla realtà che ci circonda. Non ci viene tolta la nostra piccolezza, la nostra fragilità, ma possiamo imparare a viverle in modo diverso.
Nella parabola della perla il ritrovamento avviene dopo una lunga ricerca. La fatica del mercante, un commerciante “professionista”, abituato a viaggiare, è ricompensata. La sua insaziabilità rispecchia l’insaziabilità del nostro desiderio. Siamo insoddisfatti. Ed è un guaio se ci accontentiamo di quello che già c’è e non aspiriamo a qualcosa di meglio. L’insoddisfazione è un elemento proprio della nostra vita perché siamo fatti per altro … Ricordiamo Agostino: “Il mio cuore non ha pace finché non riposa in te”.
Il Regno non assomiglia a un tesoro, non assomiglia a una perla, ma assomiglia a quello che succede quando si scopre un tesoro, a quello che si fa quando si scopre una perla. Il paragone è con il processo che viene messo in movimento e che richiede una decisione radicale. E tale decisione deve essere voluta, ripetuta, coinvolgere l’intera vita. L’esodo non si risolve con l’uscita dall’Egitto, con la traversata del mar Rosso. Il popolo di Israele deve camminare per quarant’anni prima di entrare nella terra promessa, deve imparare a togliersi la schiavitù egiziana dal cuore e questo richiede tempo, fatica, volontà! Così è nella nostra vita: fra l’intuizione iniziale e l’acquisto reale della perla o il godimento del tesoro passa del tempo che esige tutta la nostra responsabilità.
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Forse lungo il cammino ci potrà accadere che si spengano la gioia e la risolutezza della decisione iniziale, ci chiederemo se ne è valsa la pena. A chi ha lasciato tutto per seguirlo Gesù dice che riceve “molto di più nel tempo presente e la vita eterna nel tempo che verrà” (Lc 18,30). Quel “molto di più” è la consapevolezza di quel tesoro interiore che ci accompagna in ogni situazione della vita, di quella perla di grande valore per la quale si può rischiare tutto! L’accento delle parabole non è sulla rinuncia, sul sacrificio. “Il contadino non dice: ‘Ho lasciato’, ma ‘Ho trovato’; non ricorda con malinconia: ‘Ho venduto le mie cose’, ma: ‘Ho trovato un tesoro’. Questo è il tratto evangelico più bello: la misura del discepolato non è il distacco ma l’appartenenza, è la gioia, non il sacrificio, è la percezione di aver trovato un tesoro non il dispiacere di vendere qualcosa” (M. Crimella).
sorella Lisa
Per gentile concessione del Monastero di Bose
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