I margini della grazia
Dopo l’approdo, la gente accorre verso Gesù; ora sono onde di malati che si riversano incontro a lui, pur mantenendo una distanza rispettosa, un riserbo pudico, di chi non chiede di incontrare direttamente il Medico, per esporgli la propria condizione. Ma è l’umiltà un po’ timida di chi si tiene in disparte, e quasi non osa sperare l’insperabile. Si accontenterebbero “di poter toccare almeno il lembo del suo mantello”: solo uno sfioramento di dita, che vorrebbero carezzare il tessuto della sua veste, quasi senza disturbarlo, senza trattenerlo, senza interrompere il suo andare.
Ai marginali della vita basta un lembo, un margine di presenza, perché credono che già solo i margini della grazia siano sufficiente a salvarci, a guarirci, a strapparci dal gorgo del non-senso.
E non sarà l’abisso
della mia lontananza
a sfiorare il tuo manto,
Signore?
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Dal profondo ho toccato
tremando
la tua tenerezza.
Di questo
e null’altro
essere memoria
vivente
sulla terra!
(Angelo Casati)
Gesto carico di fiducia, impaurito e tremante di speranza (cf. Mc 5,33), che anche una donna con perdite di sangue aveva già posto, cercando di avvicinarsi alle spalle di Gesù e di toccargli il lembo del mantello (cf. Mt 9,20). E, in quell’ora, Gesù si era reso conto che una forza era uscita da lui, e aveva riconosciuto nel gesto della donna il lavorio della fede che salva, che cerca spiragli di luce nella notte, che sfida la folla di schiene che si accalcano davanti a quel corpo fragile che cerca guarigione e pace, anche solo da lontano, in punta di dita…
E tutto viene
manifesto in splendore.
Si frappone fra la mano e ciò
che la conduce un piano obliquo
di dolcezze. Un nascere delle cose
al giorno e tutte spogliate
le vecchie forme sono ricreate.
(Mariangela Gualtieri)
Così quel margine sfiorato, quel lembo di stoffa che permette, per via tattile, di incontrare l’energia salvifica del Dio-amico-degli-uomini, mette in piena luce lo splendore e la grazia dell’incontro, atteso, desiderato, e ora compiuto. Ed è “un piano obliquo di dolcezze” l’inchinarsi della misericordia sulle piaghe della miseria, per rialzare lo sfiduciato, “per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte” (Lc 1,79). Così i cuori rinascono alla luce e le forme dell’uomo vecchio vengono ricreate, perché “ciò che è distrutto si ricostruisce, ciò che è invecchiato si rinnova e tutto ritorna alla sua integrità, per mezzo del Cristo, che è principio di tutte le cose” (Veglia pasquale, Orazione dopo la VII lettura).
E quasi per contagio alla Chiesa è affidato il ministero della cura, affinché attraverso la mediazione dei gesti e delle parole ecclesiali il Cristo possa continuare a carezzare le vite ferite di uomini e donne, che portano un peso nell’intimo dei cuori o nella sofferenza della carne, come avvenne agli albori della comunità cristiana, nei giorni in cui «venivano aggiunti credenti al Signore, una moltitudine di uomini e di donne, tanto che portavano gli ammalati persino nelle piazze, ponendoli su lettucci e barelle, perché, quando Pietro passava, almeno la sua ombra coprisse qualcuno di loro» (At 5,14-15).
A volte basta un’ombra, uno scampolo di stoffa, una briciola caduta dalla tavola che sfama un cucciolo (cf. Mt 15,27), ma in quel frammento abita già il tutto della grazia, come sta scritto:
Il Signore lo sosterrà sul letto del dolore;
tu lo assisti quando giace ammalato.
Io ho detto: «Pietà di me, Signore, guariscimi».
Per la mia integrità tu mi sostieni
e mi fai stare alla tua presenza per sempre (Sal 41,4-5.13).
un fratello di Bose
Per gentile concessione del Monastero di Bose
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