Il vangelo odierno ci ricorda una dimensione fondamentale della nostra fede cristiana, che esprimiamo nel Credo: “Aspetto la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà”. Insieme all’annuncio della morte del Signore Gesù e della proclamazione della sua resurrezione attendiamo la sua venuta. Occorre confessarlo: siamo poco assidui nel vivere quest’ultimo aspetto della nostra fede!
Attendere il Signore con fede non è un atto passivo, né vivere un tempo privo di contenuto. Tutt’altro. Da un lato la pasqua del Signore, la sua morte e resurrezione, ci assicura che siamo già salvati. L’opera della redenzione è avvenuta nel passato e ora ogni credente la può accogliere nel suo presente e lasciare che la sua vita da essa sia plasmata. Possiamo vivere nella fiducia, anzi, nella certezza che niente e nessuno possa mai separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù (cf. Rm 8,39). Dall’altro lato, c’è un futuro che ci attende, un giorno in cui il Signore viene e instaura il suo regno per sempre. Quel giorno sarà per ogni persona il faccia a faccia con il Risorto.
Chi nella fede vive l’attesa del Signore, quel giorno si riverbera già nell’oggi della sua vita quotidiana. Il suo presente viene abitato da una luce e da una gioiosa speranza, anche se deve attraversare dei tempi difficili e delle sofferenze. Egli sa che quel giorno sarà un incontro, dove sperimenterà davvero quello che l’autore dell’Apocalisse ha annunciato: “Allora il Signore asciugherà ogni lacrima dai nostri occhi. Non vi sarà più la morte, né il lutto, né il dolore, perché le cose di prima sono passate” (Ap 21,4).
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Il tempo presente è dunque un tempo di attesa attiva, un tempo abitato; un tempo che ci sprona a rendere operosa la nostra fede per mezzo della carità (cf. Gal 5,6). La parabola evangelica odierna ci presenta l’immagine di un servo pronto, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese, che anche nella notte è ancora sveglio e desto per accogliere il padrone come conviene appena arriva e bussa alla porta. In questo atteggiamento il servo trova con gioia il senso pieno della sua vita. I giorni possono essere monotoni e le notti lunghi, ma quel servo che abita l’attesa fiduciosa, nel suo cuore si rende già presente a colui che attende.
Per noi cristiani, pellegrini su questa terra, è una realtà: il Signore risorto è misteriosamente presente sul nostro cammino, anche nell’assenza. Attendere il faccia a faccia con lui è già vivere davanti al suo volto. Perciò nei giorni difficili e nelle notti oscure delle nostre vite possiamo trovare proprio in questa attesa un sostegno e una consolazione.
In quel giorno ci sarà pure una sorpresa, anche se il vangelo ci avvisa che il Signore stesso “si stringerà le vesti ai fianchi, ci farà mettere a tavola e passerà a servirci” (v. 37). Per quanto il credente si sia impegnato nella sua vita per conoscere e amare il Signore e servire i fratelli e le sorelle secondo il vangelo, quando il Signore verrà i nostri occhi si apriranno pienamente sulle nostre mancanze e sui nostri errori. In quel giorno, nell’abbraccio misericordioso del Signore scomparirà ogni separazione e ogni divisione, e conosceremo la piena comunione nel regno di Dio.
sorella Alice
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