Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 17 Settembre 2022

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Seminato… anche in noi

Uno stesso accadimento può essere osservato da vari punti di vista e, come ben sappiamo, a volte può portare a letture non antitetiche ma certamente diverse. Se iniziassimo a leggere il brano odierno dalla seconda parte non avremmo dubbi e non troveremmo nulla di strano: tutto è secondo un ordine stabilito. Ogni terreno in cui il seme è caduto permette una produzione oppure la impedisce, fa germinare il seme oppure lo soffoca. Ogni luogo, ogni realtà, ogni comunità come ogni persona è al posto che si merita con buona pace di ogni compagine ecclesiale e disamina morale.

Potremmo anche soffermarci sulle tecniche agrarie del tempo e sulle usanze presenti, o ancora disquisire sulla conoscenza o meno di Luca di tali tecniche e usanze, o infine analizzare se e quanto egli abbia adattato la parabola di Gesù alla comprensione possibile al suo uditorio, proveniente da altro contesto culturale. Certamente avremmo fatto una buona analisi che si andrebbe ad aggiungere alla logicità presente nella spiegazione della parabola stessa.

In nessun passaggio abbiamo però ancora trovato un accenno alla modalità con la quale il seminatore getta il seme nel campo o sulla strada o tra i rovi o addirittura sui sassi, fornendoci così un’immagine di un seminatore molto distratto che getta il seme a vanvera.

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Ma se invece leggessimo con attenzione il brano dall’inizio scopriremmo che la parabola presenta forse alcune delle parole più prossime alla narrazione di Gesù e così ci si potrebbe prospettare uno scenario diverso. Il seminatore potrebbe così sembrarci folle non per il suo comportamento perlomeno bizzarro ma secondo la follia dell’evangelo annunciata e vissuta da Gesù.

Non sappiamo chi egli sia, neanche nella spiegazione si dice nulla di lui, sappiamo solo che esce, cammina e getta il seme.

“Cammina. Senza sosta cammina. Va qui e poi là. Trascorre la propria vita su circa sessanta chilometri di lunghezza, trenta di larghezza. E cammina. Senza sosta. Si direbbe che il riposo gli è vietato” (C. Bobin, L’uomo che cammina).

Gesù cammina oggi come ha camminato ieri: incontrando tutti i terreni dell’umano: dai notabili e ricchi, ai sacerdoti e scribi, ai peccatori e alle prostitute. Cammina su terreni non ovvi e getta il seme dove sembrerebbe sprecato. In ogni incontro ha seminato e semina la parola, con forza, tenacia, speranza. Potremmo dire che in modo folle ha seminato là dove a uno sguardo razionale e a una valutazione morale non era sensato né opportuno seminare, dai rovi e dagli spini che cosa si può ottenere?

Eppure dai cespugli spinosi del lago ha preso i primi discepoli, da un cumulo di sassi Maria Maddalena, da un arbusto Zaccheo: i suoi discepoli vengono da terreni nei quali il seme della parola, secondo le tecniche agronomiche, non era da seminare. “Le mie vie non sono le vostre vie, i miei pensieri non sono i vostri pensieri” (Is 55,8).

La parola dell’evangelo segue altre vie, rispetto alle nostre, la misura di Gesù è il non avere misura, il suo disegno non è segnato dal profitto ma dal desiderio di amare e portate la salvezza all’umanità tutta: paradossalmente anche a me e allo stesso tempo a chi considererei certamente escluso da essa.

fratel Michele

Per gentile concessione del Monastero di Bose

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