Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 17 Dicembre 2022

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La genesi del Messia

«Libro della genesi di Gesù Cristo»: con queste parole si inaugura il Vangelo secondo Matteo. Se il Primo Testamento si apre con la narrazione dell’«In principio» in cui Dio iniziò l’opera della creazione (cf. Gen 1,1), il primo vangelo che dischiude il Secondo Testamento comincia con un nuovo «Libro della genesi», in cui l’attenzione si concentra su un uomo, su un nome: «Gesù», la salvezza di Dio fatta persona, riconosciuto come «Cristo», cioè l’Unto, il Messia di Dio, il Promesso, l’Atteso, fattosi storia nel tempo delle generazioni, tanto da essere annoverato nel flusso litanico delle discendenze che rimontano fino a Davide e, ancora più a monte, fino ad Abramo.

Sta scritto, infatti: «Per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava. Per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende […]. Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso» (Eb 11,8-10). E questa attesa ha trovato pienezza di compimento in Cristo: da Abramo, «da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare» (Eb 11,12).

Così, il Vangelo racconta innanzitutto le radici umane della storia di Gesù, alle quali si intreccia inscindibilmente la promessa di Dio, perché «verità germoglierà dalla terra e giustizia si affaccerà dal cielo» (Sal 85,12).

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O Sapienza,
che esci dalla bocca dell’Altissimo,
ti estendi ai confini del mondo
e tutto disponi con soavità e con forza (17 dicembre, Antifona al Magnificat).

Così canta la liturgia di questo giorno, fissando lo sguardo su quella Parola che è uscita dalla bocca del Padre e ha raggiunto i confini della terra, ha attraversato i millenni della storia ed è entrata nelle piaghe e nelle pieghe dell’umano.

In Cristo, Dio scrive la genesi di un mondo nuovo, che affonda le sue radici nella vicenda del popolo di Israele, di cui Davide fu re, ma anche nell’avventura errante di Abramo, un pagano, chiamato da Dio quale benedizione per tutte le genti. Entrando in dialogo con gli uomini, Dio scrive insieme a loro le pagine inedite di questa storia, anche quelle che per noi restano misteriose, aperte, difficili da leggere. Non si dice, per esempio, chi abbia generato Abramo, e se la Bibbia lo descrive come nostro padre nella fede, è pur vero che qui non si indica di chi sia figlio; similmente, al suo termine questo albero genealogico resta aperto, là dove dice che «Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria», ma non si dice quale sia stato il ruolo generativo di Giuseppe nei confronti di Gesù: questo nuovo libro della genesi dice piuttosto che Gesù è nato da Maria, mentre la generatività di Giuseppe sta nella sua accoglienza di quel Figlio che è dono del Signore. Dio, dunque, parla e agisce anche nel non-detto di questi legami aperti.

«Praticamente dietro ogni nome c’è una storia, c’è il sangue di colui che ha generato, cioè il sangue di JHWH. Per cui in questa storia c’è il sangue di Gesù, c’è il sangue del Figlio di Dio. Quindi tutta la storia che viene prima è in prossimità con la sua e lui è punto di arrivo di tutta la storia. Quindi in lui, il Figlio di Dio, confluisce tutta la storia umana, con tutti i nomi, con tutte le persone, con tutte le loro vicende e questo è il senso profondo del vangelo, che Dio entra nella storia umana. Quindi non c’è storia che non sia il corpo del Figlio di Dio» (S. Fausti).

E questa genealogia abbraccia tutto, nella misura in cui questo lungo elenco di nomi racchiude in sé giorni luminosi, ma anche vicende opache, storie di stranieri, di peccatori, di omicidi, di prostitute, di sovrani inadeguati, pagine di esilio e di deportazione, di sterilità e di lacrime.

Da queste storie, ora epiche ora oscure, germoglia Colui che è la novità del mondo, la Parola rivolta a noi, e che diviene fraternità e vicinanza di un Dio che vuole stringere a sé le sue creature perché abbiano la vita e trovino un senso per il loro cammino nel tempo:

Dio creatore e redentore,
che hai rinnovato il mondo nel tuo Verbo,
fatto uomo nel grembo di una Madre sempre vergine,
concedi che il tuo unico Figlio,
primogenito di una moltitudine di fratelli,
ci unisca a sé in comunione di vita
(17 dicembre, Orazione colletta).

un fratello di Bose

Per gentile concessione del Monastero di Bose

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