Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 17 Aprile 2020

“Dopo questi fatti”. L’autore del quarto vangelo pone il racconto della manifestazione del Risorto sul mare di Tiberiade in diretta continuità con l’annuncio della tomba vuota e l’apparizione di Gesù risorto a Maria e ai discepoli. L’evento della Resurrezione irrompe nella quotidianità delle nostre vite. Gesù risorto si manifesta per la terza volta ai discepoli nel contesto di una pesca miracolosa e di un pasto post-pasquale. Abbiamo visto i discepoli chiusi in casa per la paura (cf. Gv 20,19), una condizione simile alla nostra, oggi; ora li ritroviamo sulle sponde del mare di Tiberiade, sono tornati a fare ciò che facevano prima di incontrare il Signore: erano infatti pescatori. Tanti di noi in questi mesi desiderano poter tornare a fare il loro lavoro. L’evento della Resurrezione di Cristo è presente qui e oggi nella nostra quotidianità e ci chiede, in un momento di crisi della comunità, di sconvolgimento delle nostre vite, di minaccia al futuro incerto, di tornare agli inizi, alle origini.

Nella crisi, nel fallimento, nell’incapacità di vedere il futuro, ritornare all’inizio di una storia, di una vicenda d’amore, di una vocazione è un atto profondamente spirituale come ci ricordava anche papa Francesco, siamo rimandati alla “nostra Galilea” personale. Lungi dall’essere rievocazione nostalgica di un passato che non c’è più, tornare agli inizi significa riscoprire l’amore che ci ha sostenuti e guidati nei nostri primi passi per riconoscere che ancora oggi, nonostante i fallimenti e le cadute, le disillusioni che ciascuno di noi può sperimentare nella sua vita, quell’amore non è venuto meno, continua a voler alimentare la nostra speranza di futuro.

A chi appare il Risorto? L’autore del quarto vangelo descrive la scena nei dettagli e ci consegna i nomi dei discepoli presenti: è una comunità ferita, mancante.

Questi discepoli li abbiamo conosciuti per i loro slanci di fede, avendo più volte confessato la loro fede in Gesù, ma sono anche uomini del dubbio, del rinnegamento nell’ora della prova, delle pretese avanzate verso il Signore, come noi sono uomini che portano il peso delle loro contraddizioni, che pensano di poter fare da soli e sperimentano il fallimento, come già in passato (cf. Lc 5,4-10).

Gesù risorto appare a questi uomini così come è presente nelle nostre vite e ci chiede di riconoscere la nostra povertà: “Figlioli, non avete nulla da mangiare?” (Gv 21,25). Solo riconoscendo la povertà che ci abita possiamo sperimentare nella vita la potenza del Risorto.

Il Signore risorto ci dona una parola e ci chiede di ascoltarla, di osare un cammino diverso, di ricominciare per un’altra via avendo fiducia in quell’unica parola. Questo ascolto trasforma il nostro cuore. Come Maria al sepolcro (cf. Gv 20,16), come Pietro e il discepolo amato, ascoltando questa parola possiamo riconoscere la forza dell’amore di cui siamo amati, che ci è data per poter ricominciare oggi e sempre. Solo l’ascolto ci apre gli occhi per riconoscere il Risorto accanto a noi, solo l’ascolto dell’altro rende autenticamente fruttuosa la nostra fatica quotidiana.

Anche per noi oggi questa parola sia fonte di speranza, siamo chiamati a ricominciare, ma in modo altro, a riscoprire la comunione ricordando le origini e rinnovando le nostre relazioni comunitarie illuminate dalla presenza del Risorto in mezzo a noi. Egli conosce la nostra povertà, ci invita a mangiare e a condividere il frutto delle nostre fatiche che nelle sue mani diviene nutrimento della nostra comunione perché con spirito nuovo possiamo orientare lo sguardo al futuro sapendo che lui, il Risorto, è sempre con noi fino alla fine (cf. Mt 28,20).

fratel Nimal

Fonte

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Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano.
Dal Vangelo secondo Luca Lc 5, 27-32 In quel tempo, Gesù vide un pubblicano di nome Levi, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi!». Ed egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì. Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C’era una folla numerosa di pubblicani e d’altra gente, che erano con loro a tavola. I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: «Come mai mangiate e bevete insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Gesù rispose loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano». Parola del Signore

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