Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 16 Settembre 2021

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Protagonista è Gesù che accetta l’invito, accoglie i gesti, discerne i pensieri, insegna, perdona.
Gli altri soggetti prendono il nome dal loro comportamento: “fariseo” e “peccatrice”; ma Gesù non li riduce a questo: sono per lui Simone e, dignitosamente, “questa donna”.
Abitanti della medesima città, svelati ambedue debitori; poveri che non possono restituire; perdonati.
Tra le righe, ambedue amati.

Il loro comportamento verso Gesù li identifica ulteriormente come capaci di poco e molto amore.
Due posizioni distanti che Gesù collega tra di loro: quella “a testa alta” di Simone anfitrione e quella “bassa” (si noterà l’insistenza del testo sui piedi: nelle descrizione delle azioni della donna e nella ripresa che ne fanno poi le parole di Gesù), intrusiva, sconveniente e fuori luogo della donna.

Da parte della donna, fede e misericordia si incontrano nel suo stare ai piedi di Gesù, nella libertà dei gesti abituali del suo mestiere, di cui è esperta, gesti che lei si permette sapendosi accolta così com’è.
Gesù accetta in rispettoso silenzio “il meglio” che lei è in grado di fare.

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Da parte di Simone, il vivere la posizione di chi accoglie, forse anche sopravvalutandosi, lo porta a sentirsi sicuro, fino a “sapere” la situazione della donna e quella di Gesù, che individua invece una serie di azioni possibili e non fatte (“tu non… lei invece…”). Prima ancora parla di una diversa entità di debiti, eppure del comune essere debitori, e rivela che il molto o il poco sono funzionali all’amore, non al perdono che è per tutti. La donna lo accoglie e lo mostra col suo comportamento e Gesù lo ratifica con una parola pubblica e non aggressiva (sembra voler parlare in privato a Simone e non si rivolge ai commensali perplessi, ma alla donna), che manifesta ciò che è già avvenuto nel rapporto Dio-Uomo.

Simone ha ragionato bene, ma non ha ancora preso posizione davanti all’insegnamento di Gesù che è per lui una proposta; il suo incontro con Gesù non è ancora giunto a pienezza, è ancora una vicenda aperta.
Per me che leggo è un’incertezza profetica, interpellante la mia vicenda ugualmente ancora aperta.
Il normale, il regolare, rischia di essere poco, messo a confronto con l’eccesso dell’amore, che a ciascuno è chiesto di vivere nella propria vita, dando il “suo meglio” nella sua situazione. Gesù non propone un modello preordinato con azioni valide per tutti, ma un “molto” possibile, anche a Simone nella sua situazione di anfitrione.

Amore come causa ed effetto del perdono: situazione in cui il prima e il dopo sono indistricabili; Luca ama sottolineare questo aspetto: lo fa narrando l’atteggiamento di Gesù con il centurione e subito dopo con la vedova di Nain. Risponde alla fede, ma anche previene nella misericordia (cf. Lc 7,1-17): cosa viene prima, cosa dopo? Anche nell’episodio di Zaccheo è volutamente impossibile dire quando la salvezza entra in casa: quando entra Gesù o quando Zaccheo cambia atteggiamento esistenziale donando e restituendo?

La fede-fiducia salva, dice Gesù, fidandosi anche lui della donna (e, forse, del correggersi di Simone): il suo “va’ in pace” contiene non il poco delle disposizioni e delle raccomandazioni, ma il molto del fidarsi dell’altro, dell’uomo, di me.

un fratello di Bose


Fonte

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