Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 16 Ottobre 2021

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Gesù continua il suo insegnamento sulla franchezza, sulla schiettezza e sulla fiducia. Nei versetti precedenti aveva messo in guardia i suoi discepoli contro la tenebra dell’ipocrisia, invitandoli a vivere nella luce dell’unificazione interiore, che si fonda sulla franchezza del cuore e della parola. Aveva messo in guardia contro la tenebra della paura che può sorgere di fronte all’ostilità e alla persecuzione, invitandoli a vivere nella luce della fiducia, che si fonda sulla pace di un cuore che si sa conosciuto, amato e stimato dal Padre.

In questi versetti come nei successivi c’è una sfida che i discepoli sono chiamati ad affrontare: la sfida della fede, qui concretamente declinata come fede nel futuro, in quell’ultimo giorno che, anche se non esplicitato, si intravede dietro a tutti i verbi al futuro usati in contrapposizione a quelli al presente, e anche dietro ad immagini quali quella degli “angeli di Dio” (vv. 8 e 9). C’è un oggi, con tutte le sue contraddizioni, sfide e tentazioni, ma oltre ad esso c’è un domani: da questo domani Gesù ci invita a guardare il presente. Ci invita a operare un distacco da quel che viviamo “in diretta”, a fare un passo indietro, o meglio in avanti, rispetto a ciò che ci è contemporaneo. Perché, nella fede, c’è un domani che giudica il nostro oggi, come c’è un oggi che condiziona il nostro domani.

La figura di fronte alla quale noi come discepoli siamo chiamati a misurare se viviamo o no la sfida della fede come fiduciosa apertura a quel “domani” è qui molto chiaro: è la figura di Gesù, del Figlio dell’uomo. Sarà di fronte a lui, nell’ultimo giorno, che si opererà un giudizio sulla nostra vita. E ciò che questo brano ci chiede di verificare si potrebbe riassumere in una domanda: “Vivi nella coraggiosa trasparenza il tuo oggi? In esso la tua fede in Gesù, pur tormentata e povera, è il luminoso cardine della tua vita?”. Perché solo da questo dipende il nostro essere esplicitamente testimoni di Gesù: da quanto “vera” è la nostra fede – quello che nel nostro brano è detto con le parole “chiunque mi riconoscerà/rinnegherà davanti agli uomini” (vv. 8-9) – dipendono anche la verità e la franchezza delle nostre parole di fede – quello che nel nostro brano è detto con le parole “chiunque parlerà contro il Figlio dell’uomo” (v. 10) e “chi bestemmierà lo Spirito santo” (v. 10). Non dobbiamo dimenticare ciò che altrove ci dice Gesù: “In base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato” (Mt 12,37).

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Lo Spirito santo è l’agente della nostra fede, ciò che la anima e la sostiene: egli ispira il nostro agire e il nostro parlare. Se viviamo tutta la nostra vita nell’esercizio a lasciare agire in noi lo Spirito, consapevoli che è “lui a insegnarci ogni cosa” (cf. Gv 14,26), forse riusciremo anche a lasciarlo parlare nel momento estremo della prova, consapevoli che egli “ci insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire” (cf. v. 12). Egli infatti è colui che ha “mosso dal di dentro” tutta la grande storia della salvezza e che fa lo stesso anche con tutta la piccola ma unica storia della nostra personale salvezza. Per questo bestemmiarlo, cioè misconoscerne l’azione, è imperdonabile (cf. v. 10).

fratel Matteo


Fonte

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