L’evangelista Marco ci consegna alcuni squarci sulla quotidianità più ordinaria della vita di Gesù. La sua intenzione non è però quella di comporre una biografia di Gesù, ma di consegnarci i tratti di come il Regno di Dio si è fatto vicinissimo a noi ed è entrato nelle nostre vite.
La prima cosa che Gesù fa è “uscire” (v. 13). Gesù esce dalla casa di Cafarnao, dove ancora si trovava. Gesù è colui che sempre esce, se ne va altrove. Uscire è il verbo della liberazione; è il verbo dell’Esodo, è il movimento del popolo Israele che esce dall’Egitto, dalla casa di schiavitù. Uscire è più profondamente il verbo della vita, il verbo della nascita, perché la vita inizia con il nostro uscire dal ventre della madre, passa attraverso l’uscita dall’alveo famigliare e si conclude con l’uscita da questo mondo. Ogni uscita comporta dolore e fatica, ma è il prezzo da pagare per sfuggire al germe di morte di ogni movimento di chiusura e paralisi.
Questo è il primo modo con il quale, in Gesù, il Regno di Dio si fa vicino a noi: abbatte i muri e le chiusure e apre cammini e nuovi spazi di libertà.
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Gesù esce per le strade della Galilea: per incontrarlo non deve essere cercato in centri di potere e spazi sacri. È l’ordinarietà del quotidiano il luogo di incontro con il Signore. Gesù esce per le strade della vita più ordinaria e questo fa sì che tutta la folla lo possa incontrare. Nessun muro o barriera può impedire di incontrare Gesù, perché lui stesso si rende disponibile all’incontro, sempre. Ed è proprio di un incontro inedito che ci narra il vangelo di oggi.
Gesù è attorniato dalla folla e le ammaestra, ma sembra mancare ancora qualcuno. Gesù cerca gli esclusi e chi si autoesclude. Gesù dopo essere uscito dalla casa, ora esce anche dalla folla, si spinge oltre, con la consapevolezza che anche la folla rischia di diventare una barriera e così ci insegna qual è il movimento proprio della vita: continuare a camminare oltre.
Percorrendo le strade della vita Gesù vede Levi seduto al tavolo dove si riscuotono le tasse: un’attività impura per i figli d’Israele. Levi sta facendo qualcosa che non dovrebbe fare secondo la Legge: riscuotere le tasse era attività condivisa con i romani e a nome dei romani. Era lavoro da pagano e per i pagani e raccoglieva l’odio di tutti.
Al vedere Levi (v. 14), Gesù potrebbe inchiodarlo al suo tavolo con il giudizio e la condanna dei più. Eppure Gesù vede in lui qualcosa che gli altri non vedono: vede le possibilità di quella persona e gli apre il futuro. Ecco la domanda: sono impure le mani che riscuotono le tasse per gli stranieri pagani o gli occhi che giudicano e condannano con durezza la vita di chi non si conosce a fondo?
Gesù gli dice: «Segui me»(v. 14). Questo è l’unica cosa che ci viene chiesta dal Signore. Non ci viene chiesto di imparare una dottrina o un comportamento, ma camminare dietro a lui. Il resto avverrà di conseguenza e ne sarà solo segno.
Entrando nella sua casa (v. 15), Gesù accetta di entrare nella vita di Levi, accogliendo anche la sua impurità e aprendola a un cambiamento. Questa è la forza liberatrice di Gesù e che lui stesso offre in primo luogo a malati e peccatori(v. 17). Cioè a ciascuno di noi. Nessuno escluso.
fratel Emiliano di Cellole
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