La salvezza che Gesù porta nel mondo è prima di ogni altra cosa liberazione da ciò che fa soffrire noi uomini e donne. È questo il messaggio del vangelo di oggi che racconta le tante guarigioni che Gesù compie a Cafarnao e nella Galilea.
Anzitutto la guarigione della suocera di Pietro. Una certa tradizione, che in realtà ha ben pochi riscontri, vuole che la casa nella quale Gesù abitava a Cafarnao fosse quella di Pietro. Questa prima guarigione indica dunque la quotidianità e la normalità delle relazioni che Gesù vive, anzitutto con le persone della famiglia di chi gli è più vicino come un suo discepolo.
Significativo è poi il modo con il quale Gesù guarisce la donna. Non con segni straordinari o formule magiche, ma con gesti estremamente semplici: per prima cosa si avvicina, prende per mano e aiuta ad alzarsi questa donna che, dice il testo greco, “giaceva”. Prendere per mano una persona è il gesto più comune per stabilire con essa un contatto fisico e dire la prossimità: mano nella mano significa anche volto a volto, sguardo reciproco. La fa alzare, vale a dire le ridà le forze per stare in piedi, e la ristabilisce così nella postura propria di chi è sano. Guarita, la donna è reintegrata nelle sue relazioni e nel suo quotidiano lavoro.
Al termine della giornata non siamo più in una casa ma in un luogo pubblico, non si tratta più di una donna ma di molte persone, con una voluta insistenza sulla totalità: “tutti i malati e gli indemoniati … tutta la città era riunita” e Gesù “guarì molti”. Il giorno seguente, dopo aver pregato nella solitudine del deserto, Gesù lascia Cafarnao per predicare e guarire anche altrove.
I vangeli sono pieni di racconti della cura e delle guarigioni compiute da Gesù a favore dei malati e dei sofferenti. Gesù ha visto chiaramente che la sua missione in questo mondo era di porre rimedio al dolore dei sofferenti, restituendo l’integrità della vita a coloro che ne erano privi. Per queste guarigioni, specie in giorni di sabato, Gesù fu accusato di essere peccatore, motivo di scandalo, un uomo pericoloso. Ma per Gesù la cosa più importante è ridare salute, felicità, dignità e gioia alle persone che soffrono, perché per lui la cosa più urgente è fare il possibile perché la gente soffra meno.
Se Gesù non avesse lottato contro la sofferenza in realtà non avrebbe lottato neppure contro il male e il peccato. Gesù ha combattuto una battaglia per la vita perché ha fatto rivivere gli altri, ridando loro fiducia in sé stessi e nella vita. Una battaglia per la vita contro ogni principio di morte, sia esso la malattia, il male, la violenza, l’esclusione, la condanna, il legalismo religioso, le false immagini di Dio.
Il Vangelo di oggi rivela che, anche noi, lottiamo contro il male solo nella misura in cui orientiamo la nostra vita e ci impegniamo ad alleviare la sofferenza di questo mondo. Non possiamo parlare del male e soprattutto del peccato ignorando la sofferenza umana: la sofferenza è il male che ogni persona sente come più reale e immediato perché iscritto nella sua carne. La sofferenza è ciò di cui tutti abbiamo una paura folle, forse più della morte.
Ricordalo: non ami davvero una persona fino a quando non sai cosa la fa soffrire. Saperlo è già prendersene cura.
fratel Goffredo
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