Gesù si trova nella regione di Tiro, in terra pagana. È lontano dalla sua patria, Nazaret, in cui la gente non riesce a riconoscerlo come profeta (cf. Mc 6,4); è lontano da Gerusalemme, in cui scribi e farisei lo inducono a interminabili controversie. Misconosciuto e contestato dai conoscenti e dai responsabili di Israele, può operare finalmente, là dove meno ci si aspetterebbe di trovare fede.
Alcune persone gli vanno incontro portando un uomo sordomuto. La loro sincera intercessione ci mostra la grande fede nel Signore e anche il profondo rispetto dell’essere umano. Stare accanto, osservare con misericordia le difficoltà di qualcuno e prendersene cura sono fatica e tempo spesi per amore. Un’azione simile rivela che il sacro-straordinario è nascosto proprio all’interno della realtà ordinaria.
Essi diventano parola e bocca per chi non può parlare liberamente, e chiedono un gesto a Gesù, l’imposizione della mano, perché sanno quanto sia importante il linguaggio corporeo per chi è sordomuto. Gesù usa le mani per toccare gli orecchi, la saliva per sfiorare la lingua perché l’uomo possa fare un’esperienza sensoriale e quindi partecipare e comprendere più in profondità la propria guarigione.
Gli occhi rivolti al cielo per invocare e allo stesso tempo far capire agli interlocutori che è la forza dello Spirito santo, che viene da Dio Padre, a guarire e non un potere speciale di Gesù. Il grido “Apriti” è potenza liberatrice che ricorda l’inizio della creazione, quando Dio creava con la sua sola parola: “‘Sia la luce!’. E la luce fu” (Gen 1,3).
“Apriti!” è rivolto al sordomuto e a ognuno di noi: torna quella creatura libera, fatta a immagine e somiglianza di Dio. Apriti! Lascia cadere le difese che ti sei costruito e che ti isolano dagli altri. Torna a cercare la relazione, lasciati interpellare dai bisogni di chi hai accanto!
La guarigione dell’uomo sordomuto avviene in disparte, poiché Gesù teme il fraintendimento della sua vera identità; infatti, non c’è niente che accechi tanto l’essere umano quanto il successo. Gesù vuole renderci liberi di ascoltare, vedere, parlare e comprendere l’esistenza, alla luce delle sue parole evangeliche. Questo è fare bene tutte le cose, per amore nostro e non per proprio vanto.
Presto sarà circondato da una folla, forse sollecitata dall’annuncio entusiasta dei testimoni della guarigione. Ancora una volta esprime il suo interessamento compassionevole per un bisogno primario: che tutti possano mangiare qualcosa per non venir meno nel viaggio di ritorno.
Siamo testimoni, insieme ai discepoli di Gesù, della moltiplicazione dei pani. Le sette ceste avanzate simboleggiano il dono del pane escatologico offerto ora ai pagani e prefigura l’ora dell’ultima cena, in cui Gesù si donerà per tutti. È anche il miracolo della condivisione: essere grati per quello che abbiamo ricevuto e poterlo donare agli altri, trasforma ciò che credevamo poco in un’abbondante e contagiosa gioia.
Sorella Lara
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Mc 7, 31-37
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
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