Parole dure quelle del vangelo di oggi, parole che Gesรน rivolge a farisei e dottori della legge, ovvero agli uomini religiosi del suo tempo e quindi a ciascuno di noi che vorremmo vivere alla sua sequela ma che spesso e volentieri facciamo delle nostre pratiche religiose un fine in sรฉ, un mezzo per auto-giustificarci invece che un esercizio per umanizzarci, per ritrovare quellโimmagine e somiglianza che il creatore ha inscritto in ciascuno di noi ma che noi abbiamo smarrito con la nostra pretesa di bastare a noi stessi.
Al centro dei rimproveri di Gesรน cโรจ lโipocrisia, la doppiezza di chi dietro a una bella apparenza maschera ciรฒ che in realtร รจ, di chi non accoglie di essere salvato da un Altro ma vuole darsi da sรฉ la vita, di chi crea divisioni nel popolo di Dio giudicando gli altri senza vedere (o voler vedere) il male che lo abita, di chi confonde lโaccessorio con lโessenziale.
Innanzitutto questo si manifesta in quellโessere scrupolosi e minuziosi osservanti della legge perdendo di vista perรฒ il fine per cui la Legge รจ stata data: predisporre tutto perchรฉ le nostre relazioni con gli altri siano improntate a giustizia (e questo significa saper discernere lโindifeso, il povero e il misero, e soccorrerli nel loro bisogno) e esercitarsi a una relazione con Dio che sia intessuta di amore e di fiducioso abbandono alla sua misericordia.
Lโaltra forma di ipocrisia denunciata in questi versetti da Gesรน รจ quella di chi ama i primi posti, di chi vuole apparire, essere visto, riconosciuto ma nasconde (a se stesso ancor prima che agli altri) lโombra che lo abita, il peccato e la miseria a cui nessun umano sfugge: a questo allude Gesรน quando usa lโimmagine dei sepolcri che la gente non vede e quindi calpesta contraendo, secondo la legge, una contaminazione (cf. Nm 19,16) . Detto in altre parole: ipocrisia di chi vuol apparire giusto mentre giusto non lo รจ, di chi esibisce una facciata che non corrisponde allโinterno.
E infine lโipocrisia di chi โdice e non faโ (cf. Mt 23,3), di chi รจ esigente allโeccesso con gli altri per poi esentare se stesso da ogni sforzo, da ogni forma di lotta spirituale, spezzando quella comunione che si vive nel sostenere tutti insieme la fatica di cercare e fare la volontร del Padre che รจ nei cieli.
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Il Signore ci insegni a discernere la nostra colpa e il nostro peccato, a non ergerci a maestri degli altri ma piuttosto a intraprendere โla buona battaglia della fedeโ (1Tim 6,12) che consiste in una rinnovata decisione di conversione, di ritorno a Dio per ritrovare anche la comunione con i nostri fratelli e le sorelle in umanitร .
sorella Ilaria
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