Gesù loda la fede in lui del centurione romano, pagano, dicendo che neppure in Israele ha trovato una fede simile (v. 9). E, in fondo, questa fede-fiducia è proprio ciò che il Signore, in tutto l’Antico Testamento, aveva chiesto al suo popolo come ciò che l’avrebbe caratterizzato davanti a lui e davanti a tutte le genti. Non aveva forse detto il Signore per bocca del profeta Sofonia: “Confiderà nel nome del Signore il resto di Israele” (Sof 3,12-13)?
Il Signore al suo popolo, alla sua comunità, a ciascuno di quanti si professano credenti in lui non chiede altro che di confidare nel suo Nome, vale a dire di credere alla sua Parola, di considerare preziosa la sua presenza e la sua azione, di accogliere e custodire i doni del suo amaore, doni fra cui, in posizione preminente, vi sono gli altri uomini e donne, fratelli e sorelle nel Signore, tutti da lui ugualmente amati.
Esattamente come mostra di fare questo centurione pagano: egli ama il suo servo, lo ama profondamente, tanto da abbassarsi, lui, capo di decine di soldati, a mendicare l’attenzione di un rabbi ebreo, tramite alcuni anziani di quel popolo di cui egli, invece che dominarlo, si era fatto servo, costruendogli una sinagoga. E non si ritiene neppure degno della presenza di questo rabbi peregrinante, ma confida nell’efficacia della sua parola, e a essa si sottomette e si apre.
- Pubblicità -
“Confiderà nel nome del Signore il resto di Israele”. Il Signore, anche oggi, non chiede alla sua comunità di essere numerosa: basta un piccolo “resto”; non chiede di essere efficace, potente, forte della forza di questo mondo: basta che essa confidi nel suo Nome. Sembra facile, ma forse è la cosa più difficile. È semplice, di quella semplicità che forse solo i bambini piccoli conoscono, di quella semplicità con cui Gesù invita ad accogliere la buona notizia del Regno che il Padre offre a ogni uomo (cf. Lc 18,17), ma non è facile. Anzi, talvolta è necessario un lungo cammino, è necessario passare attraverso grandi purificazioni in cui, se si accetta la prova, si viene spogliati di tutte le nostre artificiose difese per essere ricondotti alla nostra nuda verità, quella in cui possiamo ritrovare questa semplicità che ci consente di credere e di affidarci, di confidare.
Una chiesa non appesantita dai beni e dalle preoccupazioni, dagli affanni e dalle dominanti mondane, una chiesa che non cerca successo, efficacia, grandi numeri e riconoscimenti, una chiesa che confida veramente solo nel Nome del Signore, nel suo amore per lei e per gli uomini, nella fedeltà del Signore alle sue promesse, nell’efficacia della sua Parola, anche se predicata e annunciata con deboli mezzi e da povere persone, fragili e anch’esse peccatrici, ma sempre in stato di conversione e desiderose di fare spazio alla misericordia che viene loro dal Signore.
La comunità del Signore non deve cercare di essere forte agli occhi del mondo, ma, anche nella debolezza, di confidare solo nel Nome del Signore. Così essa sarà più eloquente presso gli uomini che attraverso di lei: è il Signore che converte i cuori e che compie azioni di salvezza per l’umanità. Questo il Signore chiede alla sua chiesa: “Confiderà nel nome del Signore il resto di Israele”.
sorella Cecilia
Puoi ricevere il commento al Vangelo del Monastero di Bose quotidianamente cliccando qui