Se ascoltaste oggi la sua voce!
Un pranzo ha scatenato una dialettica vivace, per non dire conflittuale, tra Gesù e i farisei e i dottori della legge. Una postura libera da parte di Gesù, senza il ricorso a pratiche purificatrici prima del pasto, ha acceso tra i farisei sconcerto e meraviglia, tra i dottori della legge malcontento e indignazione, e alla fine aperta ostilità. Gesù è dichiaratamente amico dei pubblicani e dei peccatori, degli esclusi, degli impuri, ma non disdegna di fermarsi a pranzo da un uomo appartenente a uno dei gruppi più intransigenti rispetto alla legge. Sono persone pie, uomini giusti, irreprensibili, puri, ineccepibili come lo era Paolo, nella cui “carta di identità” è scritto: “Circonciso all’età di otto giorni, della stirpe di Israele, della tribù di Beniamino, ebreo figlio di ebrei; quanto alla Legge, fariseo” (Fil 3,5).
Gesù non rifiuta un contatto diretto con loro. Ci sono convergenze importanti tra la predicazione del Nazareno e quella dei farisei: anch’essi aspettavano un grande cambiamento nella società, senza adattarsi a una vita superficiale e distratta. Ci sono suggestive presenze di farisei che sono colpiti dall’insegnamento di Gesù e che diventeranno suoi discepoli: pensiamo, in primis, alla figura di spicco di Nicodemo, ben tratteggiata nel Vangelo secondo Giovanni. Gesù approfitta di qualsiasi occasione per allargare l’orizzonte ristretto che può avvolgere un gruppo di persone brillanti e pure, che quasi inevitabilmente crea separazioni, costruisce muri, mette barriere, amplia divari. La novità che Gesù incarna è quella di un Dio che non esclude nessuno; chiunque si avvicini a lui verrà accolto. Dio ama senza escludere nessuno. Nelle parole dure, pesanti e persino minacciose di Gesù nei confronti dei farisei e dei dottori della legge dobbiamo decifrare questo suo anelito di salvezza per tutti, il suo desiderio struggente di gettare ponti tra l’umanità, sempre peccatrice, e Dio, sempre misericordioso e compassionevole.
Nei versetti di oggi i dottori della legge sono accusati di costruire i sepolcri dei profeti, di zittirli cioè una seconda volta, di mettere semplicemente una lapide commemorativa dopo la loro uccisione da parte dei padri. All’apparenza credono di riparare i misfatti dei loro padri, in pratica si comportano come loro mettendo a tacere la voce scomoda degli uomini di Dio che gridano contro le ingiustizie e il destino infelice dei poveri. Edificano una religione fatta di buone pratiche senza anima liberatrice, si rifugiano in un impegno esteriore, formale e intransigente ma senza misericordia, soffocano lo Spirito che soffia dove vuole con un apparato scrupoloso di prescrizioni. Di più. Essi hanno abusato del loro compito e hanno smarrito la loro missione che è quella di spiegare e interpretare le Scritture (“la chiave della conoscenza”). Sono stati cattivi maestri, incapaci di penetrare loro stessi il senso delle Scritture e impossibilitati a trasmettere agli altri il disegno di amore di Dio che in esse si dischiude.
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Quelle di Gesù non sono parole che non ci riguardano. In ciascuno di noi si annida un fariseo e un dottore della legge, ma non è facile riconoscerlo. Solo l’ancoraggio alle Scritture e il far risuonare in noi la voce dei profeti e del Profeta di Nazaret può liberarci dall’ipocrisia e dalla presunzione e inaugurare cammini di conversione e rinnovamento.
fratel Giandomenico
Per gentile concessione del Monastero di Bose
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