Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 13 Gennaio 2022

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Dobbiamo riconoscerlo: oggi la parola che ci viene rivolta è un po’ ambigua. Come accogliere il racconto di quest’uomo che prima si affida totalmente a Gesù e poi gli disobbedisce, e di un Gesù compassionevole che poi ammonisce con severità?

Gesù si rivela fin dai primi versetti il Gesù che abbiamo imparato a conoscere: accogliente, disponibile. Nonostante “se ne stia andando altrove per predicare” (cf. Mc 1,39), si mette in ascolto di ciò che il lebbroso, prendendo l’iniziativa, gli chiede: lo supplica di essere guarito. Quest’uomo malato sembra non avere dubbi su Gesù: si rivolge a lui come a colui che ha ogni potere, compreso il potere di guarirlo, di “purificarlo”.

Purificazione che significa liberazione dall’isolamento cui è costretto a causa della lebbra, secondo quello che prescriveva la legge (cf. Lv 13-14), e possibilità di reinserirsi nella società e nella comunità religiosa. Gesù vuole ciò che il lebbroso fa dipendere dalla sua volontà, e lo dimostra con la sua compassione che arriva a toccare l’intoccabile, l’impuro. Gesù di fronte alla solitudine, all’isolamento, alla malattia che provoca enorme dolore e sofferenza, supera ogni ostacolo pur di portare consolazione. Non ha paura del male dell’altro, lo tocca, sa portarlo assieme all’altro.

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Ma repentinamente il clima cambia: “Ammonendolo severamente, lo cacciò via subito” (v. 43). Al tocco della guarigione si contrappone l’allontanamento; alla compassione, l’ammonizione severa. È faticoso comprendere! In realtà Gesù chiede al lebbroso di rispettare la legge e di recarsi dal sacerdote perché venga ufficialmente riconosciuta la sua guarigione. Gesù lo rimanda a un terzo, lo rimanda a coloro dai quali finora il lebbroso era stato escluso, coloro che possono pronunciare una parola pubblica sulla purificazione dalla lebbra, “come testimonianza per loro” (v. 44): sono di fronte a un’oggettiva purificazione. Nello stesso tempo però Gesù sta anche rimandando il lebbroso a Dio, “il Padre dal quale tutto proviene” (1Cor 8,6), e nello stesso tempo vuole distogliere lo sguardo da sé stesso.

Gesù teme e rifugge qualsiasi protagonismo, vuole allontanarsi perché la fama attorno a lui sta già crescendo in modo esagerato: “Tutti ti cercano” (Mc 1,37). Ma cosa cerchiamo davvero quando cerchiamo Gesù? Cerchiamo una relazione vitale o ciò che risponde ai nostri desideri non sempre completamente purificati? Cerchiamo Gesù o l’immagine che ci siamo fatti di lui, come sensazionale distributore di gesti prodigiosi? Gesù legge i cuori e fugge dalla ricerca non sincera e trasparente, non risponde alle richieste dalla folla, e alle nostre così come noi vorremmo.

La conoscenza di Gesù nasce dall’ascolto e dall’obbedienza della sua Parola, anche quando è scomoda, quando non corrisponde alle nostre aspettative e pretese. Il lebbroso si affida a Gesù per la guarigione ma nello stesso tempo poi non obbedisce alla sua parola, non ascolta il suo vangelo, suo unico interesse è la guarigione, ma così, in un certo modo esclude Gesù dalla sua vita. Ma ciò che ci salva e purifica è la perseverante relazione con il Signore, ciò che ci salva è la sua presenza compassionevole proprio nelle nostre lebbre.

sorella Elisa


Fonte

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