“Egli è qui … come segno di contraddizione” (Lc 2,34), aveva detto a Maria l’anziano Simeone in riferimento al bambino Gesù. Ed ecco che in questo capitolo 11 l’evangelista Luca ci mostra come di fronte all’agire di Gesù avvengano reazioni di segno opposto. La stessa azione di potenza compiuta da Gesù (ha scacciato un demonio) suscita stupore da un lato e scatena opposizione dall’altro: c’è chi arriva ad accusarlo di aver scacciato demoni per mezzo del capo dei demoni…
In un contesto in cui già iniziano a addensarsi su Gesù nubi di ostilità (un’ostilità che diventerà esplicita poco dopo: Lc 11,53-54), ecco irrompere un fascio di luce. Dalla folla una donna lancia un grido di ammirazione nei confronti di colei che ha dato la vita a Gesù: “Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!” (v. 27). I racconti evangelici sono solitamente piuttosto sobri e non indugiano spesso sui risvolti psicologici delle persone, sulle loro reazioni emotive. Ma non ci è difficile immaginare che quel grido di ammirazione all’indirizzo di sua madre (si loda la madre per le qualità del figlio!) sia stato in quel momento una sorta di balsamo per Gesù. E va notato che qui, come sovente altrove, a porre gesti di gratuità e di tenerezza nei confronti di Gesù siano delle donne…
Gesù non contesta certo quella lode: Maria è davvero beata per avergli dato la vita e averlo cresciuto. Ma egli precisa subito che c’è una beatitudine ancora più grande, ed è alla portata di chiunque: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dioe la osservano!” (v. 28). Doppiamente beata Maria, dunque: per la maternità, e ancor più per aver ascoltato e obbedito alla parola di Dio, per aver “creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto” (Lc 1,45). Come affermano gli antichi padri, la sua maternità, prima che nel grembo, fu nell’orecchio, fu nel cuore. E sant’Agostino dice: “Anche Maria è beataperché ascoltò la parola di Dio e la custodì. Custodì la verità nel cuore più che la carne nel grembo. … Vale di più ciò che è nel cuore di ciò che viene portato nel grembo” (Discorso 72/A,7). Ma è una beatitudine a cui chiunque può accedere: tutti infatti siamo chiamati ad ascoltare la Parola e a darle corpo nella nostra carne, nella nostra vita.
È evidente la stretta parentela tra il nostro testo odierno e quello di Lc 8,21 in cui Gesù dichiara: “Mia madre e i miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica”. Attraverso la Parola accolta e vissuta noi entriamo a far parte della famiglia di Gesù, ormai non più determinata da vincoli di sangue, ma fondata sull’ascolto obbediente. Possiamo diventare suoi fratelli, sue sorelle. Addirittura diventare sua madre, essere grembo beato, seno beato! Il grembo infatti è spazio che accoglie il seme di vita: ora, attraverso l’ascolto noi accogliamo la Parola e le permettiamo di germinare. Il seno poi nutre ciò che è stato generato: custodendo e mettendo in pratica la Parola, le permettiamo di crescere e di pervenire alla piena misura.
Sì, il discepolo di Gesù è chiamato ad apprestare alla Parola un grembo di accoglienza, un “cuore bello e buono” che produca “frutto con perseveranza” (Lc 8,15). E qual è il frutto? “Cristo vive in me” (Gal 2,20).
fratel Valerio
Puoi ricevere il commento al Vangelo del Monastero di Bose quotidianamente cliccando qui