Un voce che invoca con fede
“Quando verrà il Regno di Dio?” (Lc 17,20); “Così accadrà nel giorno del Figlio dell’uomo … Dove, Signore” (Lc 17,30.37). Gesù ha appena dato un insegnamento sui tempi ultimi, sulla venuta nella gloria del Signore. L’interesse di chi lo ascolta è “quando, dove”, ma per Gesù la vera questione è un’altra: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (v. 8). Non è questione di se e quando, ma di come. Gesù di fronte a questi quesiti cerca di ricondurre l’attenzione dei suoi discepoli e di tutti noi, oggi, sull’essenziale: l’esistenza che ci è stata data in dono è come scegliamo di vivere “l’oggi e il non ancora” del suo Regno. Come ci troverà il Figlio dell’uomo alla sua venuta? Come ci trova oggi il Signore che ci visita?
Come una vedova? Le vedove, assieme a orfani e stranieri sono le categorie più bisognose e più fragili nel popolo di Israele. La vedova non possiede nulla, è la povera bisognosa per eccellenza. Lo sa, lo sperimenta tutti i giorni, e sa che per vivere dipende dagli altri, ha bisogno di qualcuno che la difenda, che si prenda cura di lei. La vedova vive la “necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai” (v. 1).
La vedova possiede solo la sua voce, la sua tenacia e perseveranza, per gridare e invocare giustizia verso colui che invece è un “giudice che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno” (v. 2). La vedova possiede la forza di una fiducia certa che la fa perseverare, urlare, addirittura essere importuna e quasi violenta, di fronte a un uomo “senza legge, ingiusto”. Ha solo questo: l’umile, bisognoso invocare, “pregare”, per ottenere giustizia. Questa la sua unica via per poter vivere una vita degna. Insiste, sempre. La sua fede-fiducia, anche di fronte alle ingiustizie che viveva, non viene meno, non si scoraggia: essa invoca, chiede, per una vita degna, giusta. E il giudice, senza legge, si lascia convincere, cede di fronte alla perseveranza, alla forza di vita che questa povera donna bisognosa porta in sé.
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Dio non è certo come il giudice, egli “infatti, ama tutte le cose che esistono … Signore, amante della vita” (cf. Sap 11,24.26). Come può quindi non ascoltare la voce supplicante di chi, bisognoso, si rivolge a lui? Così Gesù ci spinge a porci di fronte al Padre della vita: bisognosi, come una vedova, di ogni cosa, bisognosi della sua attenzione, del suo amore, della giustizia che solo lui ci può dare. Invocandolo come colui che è il “Padre degli orfani e difensore delle vedove” (Sal 68,6), con questa fiducia.
Non è quindi questione di quando o dove avverrà la venuta gloriosa del Figlio dell’uomo: la certezza della salvezza che Dio ci dona è Gesù stesso, oggi, qui e ora. Ciò che conta è come, con quale voce noi continuiamo a rivolgerci a lui. Non c’è un momento, un tempo ideale: è “giorno e notte” (v. 7) che Dio attende e ascolta la nostra voce che grida a lui. Non c’è un modo migliore o peggiore: egli ci attende e accoglie “prontamente” (v. 8), anche quando siamo talmente insistenti da divenire importuni, fastidiosi, perché accoglie il nostro totale fare affidamento in lui.
E noi, come una vedova, riconosciamo che la nostra vita trova pienezza e senso solo in quella voce innalzata verso di lui, in fiduciosa attesa? Noi, di fronte alle ingiustizie che continuano, alle sofferenze, alle guerre: ci scoraggiamo o continuiamo a invocare e sperare, con fede (cf. v. 8)?
sorella Elisa
Per gentile concessione del Monastero di Bose
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