Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 12 Gennaio 2023

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Un cammino di liberazione

Gesù è nel pieno della sua attività di annunciatore del Regno di Dio attraverso la predicazione della Parola e attraverso molti segni di guarigione della gente che incontra o che accorre verso di lui.

La missione di Gesù si svolge prevalentemente in due dimensioni: quella a contatto con la gente, in cui da parte sua c’è un messaggio esplicito e ci sono dei segni chiari; e quella, invece, di solitudine, in cui si ritira da solo o con i suoi discepoli per pregare, dare loro qualche insegnamento e soprattutto, attraverso questa dimensione di solitudine e di meditazione della Parola, per mostrare che il suo annuncio non si basa solo su segni miracolosi e non lo si può ridurre soltanto ad un taumaturgo.

Alla Parola va lasciato spazio dentro di sé, così che possa vivere ed essere annunciata nella quotidianità, in particolare nella vita ordinaria, là dove noi siamo tutti i giorni, e non solo in momenti sporadici che non ci richiedono una perseveranza e una convinzione di quello che viviamo.

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Nel brano di oggi Gesù incontra un lebbroso, riconosce il suo desiderio sincero di essere guarito. Ma il testo, soprattutto nella seconda parte, ci desta qualche perplessità. L’atteggiamento di Gesù sembra essere contraddittorio. All’inizio Gesù mostra compassione verso l’uomo, accoglie la sua richiesta senza distacco e si fa partecipe della sua sofferenza. Vede in lui un uomo che vuole uscire dalla condizione di malattia e soprattutto dalla impurità che la società del tempo credeva caratterizzare chi era malato di lebbra. Gesù accoglie il cammino di liberazione che il lebbroso vuole compiere, lo accompagna e lo sostiene perché questo possa accadere.

Anche le parole successive che Gesù gli rivolge fanno parte di questo cammino: egli inserisce il suo gesto di guarigione nel contesto rituale e religioso del tempo, indicandogli la strada per essere reintegrato effettivamente nella società. In caso contrario si sarebbe di nuovo trovato a fare i conti con l’esclusione dalla vita sociale, e quella libertà dal male di cui aveva sentito il desiderio si sarebbe vanificata nel giro di poco tempo. Dunque Gesù, pur andando incontro all’iniziativa dell’uomo malato di lebbra, subito gli chiede di inserirla in un contesto comunitario, seguendo le regole della società del tempo.

Prima di questa richiesta, in modo molto brusco, Gesù gli chiede però anche qualcos’altro. Gli ingiunge il silenzio su quanto accaduto, per rimandare l’uomo guarito dalla lebbra a sé stesso. Lo sprona a cominciare prima di tutto un cammino che lo porti verso di sé e, per compierlo, è necessario il silenzio, un silenzio interiore che lo porta a meditare quanto accaduto per farlo penetrare in sé, e non lasciarlo sulla superficie per essere spazzato via dal primo avvenimento.

A questa motivazione se ne aggiunge un’altra: dal modo in cui l’uomo guarito annuncerà quanto gli è accaduto dipenderà in parte la comprensione che la gente avrà dell’agire di Gesù. La fine del brano di Marco ci dimostra che, dopo che il lebbroso ha raccontato della sua guarigione, la gente accorre da ogni dove verso Gesù. Ma tale incontro è causato dal desiderio di vedere e incontrare chi ha compiuto tale gesto e non piuttosto di conoscere in profondità chi annuncia quella Parola che porta la vera salvezza.

sorella Beatrice

Per gentile concessione del Monastero di Bose

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