In Gesù, il Regno dei cieli si è fatto vicino, è alla nostra portata. E Gesù cammina per la Galilea annunciando la buona notizia, l’evangelo, con autorità e portando sollievo a tutti gli oppressi dal male. Ecco che a Cafarnao, nella casa di Pietro, intercedono per la suocera di Pietro, malata, febbricitante. “Gesù si avvicinò e, prendendola per mano, la fece alzare”. Marco ci mostra, più avanti, ancora Gesù che prende per mano la fanciulla morta, il cieco di Betsaida, il ragazzo epilettico … Non c’è un portamento ieratico, sacrale, distaccato in Gesù: prendere per mano è un gesto molto familiare, amichevole di chi stabilisce un rapporto di vicinanza con noi. Inoltre “la fece alzare” è il verbo della resurrezione: Gesù ci fa partecipi delle energie della sua resurrezione.
La suocera di Pietro riconosce in Gesù colui che è venuto “non per farsi servire ma per servire e dare la sua vita per molti” (Mc. 10,45). La grazia ricevuta si traduce in gratitudine. E l’amore ricevuto porta frutto in lei.
Poi, davanti alla porta, ecco sfilare ogni sorta di infermità e Gesù si prende cura di ognuno. La folla ha ancora una comprensione superficiale di Gesù: per loro è un guaritore, uno che risolve i loro problemi immediati e nulla più. Guariti, se ne vanno altrove. Solo i demoni sanno chi è Gesù, ma è un sapere freddo e distaccato, anzi avverso a Colui che contrasta il loro potere mortifero, di schiavitù e di divisione.
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Poi Marco ci mostra Gesù che cerca un tempo e un luogo di silenzio e di solitudine per pregare. Non ci dice modi e forme di questa preghiera, ma ci dice che è una necessità irrinunciabile anche all’interno di una attività intensa come la sua. La preghiera è alla fonte del suo essere e del suo agire: lo spazio interiore della sua verità e libertà. La comunione, la relazione con il Padre dà senso e forza a tutta la sua vita. Questa breve annotazione dell’evangelista apre uno sguardo sulla vita nascosta di Gesù, sul mistero d’amore che lo abita.
Pietro e gli altri primi discepoli si mettono sulle tracce di Gesù, ma non per imparare da lui la preghiera; vogliono richiamarlo ai suoi doveri mondani: “Tutti ti cercano!”. Si tratta però di una ricerca debole, insufficiente, priva di un vero obiettivo: Gesù ora è un personaggio di successo, i miracoli attirano sempre, lo spettacolo religioso vuole la sua parte … Ma non c’è ascolto, non c’è conoscenza, non c’è amore.
Tuttavia Gesù resta nella discrezione e nella sobrietà, la sua non è una regalità mondana che si nutre del consenso altrui. Primaria è la sua vocazione. “Per questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per testimoniare la verità” (Gv 18,37) – riferirà, con altre parole, l’evangelista Giovanni. Annunciare l’evangelo e liberarci dai poteri mortiferi che ci opprimono, ci deturpano, ci tolgono la pace e la gioia: questo Gesù continua a fare in quanti credono in Lui, e insieme a quanti credono in Lui.
fratel Domenico
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