Dov’è la vera gioia
C’è una logica che ci può apparire strana nelle parole di Gesù; si ha come l’impressione che parli e viva su un registro diverso da quello solito, di molti, quasi parallelo, che talvolta si intreccia, ma altre volte rimane come estraneo. Si ha come il senso di una sua diversità e di una sua solitudine incolmabile, come di un altro piano su cui vive rispetto a quello di molti, anche se forse non di tutti.
Così Gesù esorta i discepoli a rallegrarsi di qualcosa che può apparire insolito, strano, anche alla mentalità religiosa dei suoi: li esorta, cioè, a non rallegrarsi del fatto che i demoni si sottomettono a loro, né del fatto che la loro missione ha successo, che il male retrocede davanti a loro, che possono compiere cammini di liberazione in mezzo agli uomini.
E questa esortazione non per un’ascesi ricercata, ma perché la gioia, la vera gioia del discepolo di Gesù, quella che nessuno gli può togliere (cf. Gv 16,22) è quella di chi per mezzo di lui ha potuto conoscere che c’è un Padre nei cieli che lo ama da sempre e che per questo lo ha chiamato alla vita, e che per mezzo di Gesù gli ha anche preparato un regno (cf. Lc 10,24 e Lc 12,32), una dimora nei cieli con lui, presso di lui, per sempre (cf. Gv 14,2-3 e Gv 17,24).
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Strana gioia, questa del discepolo, che lo rende sì abitatore di questa terra, ma anche, in qualche modo, già cittadino dei cieli (cf. Ef 2,19), e perciò straniero e pellegrino in questo mondo (cf. 1Pt 1,1), in cammino verso la sua vera patria e proteso verso di essa (cf. Fil 3,20 e Gv 17,14).
Questa, ci dice l’evangelo di oggi, è stata anche la gioia di Gesù: quella che nasce dal saper discernere nella vita, nella storia, i segni dell’azione amante e fedele di questo Padre che ama lui e gli uomini, dal saper discernere questa sua azione spiazzante rispetto alle logiche mondane, che vorrebbero portenti, forza, miracoli e sapienza secondo il mondo, mentre invece Dio sembra compiacersi di rivelarsi e di stare fra gli umani come una sorta di esule, di straniero, di pellegrino marginale (cf. Lc 24,13-35), che si manifesta di preferenza a coloro che nel mondo sono anch’essi marginali, scartati, disprezzati, irrilevanti (cf. 1Cor 1,21-31).
C’è come una storia parallela che Dio sembra scrivere rispetto a quella che appare, a quella da tutti conosciuta, a quella che ha rilievo e successo, a quella di cui tutti parlano. Una storia che si inserisce nella grande storia (cf. Lc 2,1 e Lc 3,1-2), ma che ai più rimane nascosta, che è a tratti silenziosa e a volte discreta, ma che in certi momenti può emergere e apparire anche come violenta (Lc 19,45-48) e quasi folle (cf. Mc 3,21; Gv 10,20).
Del resto, proprio l’evangelista Luca non ha forse rivelato che la gloria e i regni di questo mondo sono stati posti nelle mani di Satana e che egli li dà, li distribuisce, li concede a chi lui vuole, vale a dire a tutti coloro che accettano di prostrarsi a lui (cf. Lc 4,5-7)? Gesù ha resistito a questa tentazione (cf. Lc 4,8), anche a prezzo della propria vita, poiché la gioia e il tesoro del suo cuore erano altrove (cf. Lc 10,21). E la gioia e il tesoro del nostro cuore (cf. Lc 12,34 e Lc 18,22) dove sono?
sorella Cecilia
Per gentile concessione del Monastero di Bose
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