Una manciata di uomini gettati sul terreno del mondo. E il Cristo ne è il “Seminatore”, che li manda, li invia…
Gesù li chiama e li manda, ma ciò che il testo evangelico pone in risalto in questa chiamata e in questo invio non è innanzitutto una precisa indicazione dei contenuti della predicazione e dell’annuncio: ciò che qualifica prioritariamente la missione dei settantadue non appartiene al codice verbale, è in primo luogo una questione di postura, di andatura… Il semplice “esserci” è il principio di ogni evangelizzazione: “esserci” con un certo “stile”.
A due a due. La Chiesa è una compagnia in cammino. Il Signore non manda i suoi ad uno ad uno, ma a due a due: ciascuno con un compagno al fianco, per sostenere il cuore lungo la strada.
La proclamazione del vangelo del Regno non si dà quindi come iniziativa privata o avventura individualistica, ma si deve inscrivere in un tessuto comunitario ed ecclesiale, fondato sulla promessa del Signore: “dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Mt 18,20).
Il pellegrinaggio dei credenti sulle strade del mondo si caratterizza poi per il suo bagaglio leggero, o meglio per la sua assenza: “non portate borsa, né sacca, né sandali” (v. 4). Più che di sobrietà, qui si tratta di una vera e propria povertà di mezzi, che si innesta su un forte senso di urgenza e di radicalità necessarie per essere testimoni del vangelo. Gli apostoli sono inviati “pressoché nudi”(Girolamo), rivestiti di quella nudità che è la nudità di Cristo, del Cristo che “depose le vesti” (Gv 13,4), inginocchiandosi ai piedi dei suoi fratelli, e che depose la sua vita nella spoliazione ultima della croce.
Potremmo dire che si tratta di una nudità necessaria, inscritta nell’essenza stessa della missione. È una povertà che non solo fa a meno del superfluo, ma che sembra rinunciare anche al necessario, cioè a quei mezzi che – in un’ottica mondana – potrebbero conferire alla missione maggior rapidità, efficacia e incisività.
In una parola, nella vita della Chiesa la chiamata e l’invio si danno sempre nello spazio della relazione: nello spazio di quella relazione costitutiva con il Signore, e in un vincolo di fraternità che unisce coloro che sono inviati. Nel loro andare “a due a due” si disegna, per così dire, un campo magnetico della compagnia, dell’affetto ecclesiale, della comunione e della carità. Questo con-sentire comunionale, questa disponibilità, vissuta concretamente,“a morire insieme e insieme vivere” (2Cor 7,3), oltre che a cooperare nel mandato pastorale, costituisce già la prima e più efficace testimonianza resa alla Parola del vangelo, e inscritta nel proprio corpo. Vi è, poi, la relazione con gli altri, con ogni altro, con i destinatari dell’annuncio, con coloro che si mostreranno uditori della Parola, capaci di un’accoglienza che fiorisce nell’ospitalità, che apre le porte dei cuori e delle case, per accogliervi quanti vengono nel nome del Signore.
Il Dio delle misericordie continui ad accompagnare la sua Chiesa sulle tracce di Cristo, perché essa sappia sempre vivere di questa nudità relazionale e di questa nuda relazionalità, ungendo e guarendo, soffrendo, sperando e amando.
fratel Emanuele
Puoi ricevere il commento al Vangelo del Monastero di Bose quotidianamente cliccando qui