Siamo all’inizio del capitolo 15 del Vangelo di Luca: pubblicani e peccatori si avvicinano a Gesù ed egli li accoglie. Ciò provoca l’indignazione e la mormorazione di farisei e scribi e Gesù risponde con tre parabole, in cui si parla di ciò che è perduto e ritrovato, di desiderio, di gioia. La pericope odierna ci presenta le prime due parabole, nelle quali mi sembra presente una tensione e una ambiguità sul soggetto e l’oggetto del perdere e del ritornare. Si dice:“Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte” (v. 7) e lo stesso troviamo al versetto 10, come in un ritornello che si ripete e pare porre la responsabilità del ritorno nella scelta e nell’iniziativa di ciò che era stato perduto. Questa situazione sembra adattarsi meglio alla terza parabola, quella del figlio che si allontana dalla casa del padre, ma non esattamente al nostro testo, in cui sono il pastore e la donna che smarriscono la proprietà che hanno. Si dice infatti: “Quale uomo che ha cento pecore e che ne ha perso una … quale donna che ha dieci monete, se perdesse una moneta sola”, e ancora: “Ho trovato la moneta che avevo perduto”. Nel caso della moneta, di questa povera dracma che non ha né zampe né gambe per scappare, il fatto che sia stata persa è un evento doloroso per il quale non è percepibile una responsabilità: la donna è afflitta e non si dà pace finché non la trova. Lo stesso si può dire della pecorella smarrita, anche se in questo caso il termine “perduta” (lo stesso al v. 4 e al v. 6 ) può avere una doppia valenza: “che è stata perduta” o “che si è perduta”.
La letteratura rabbinica ci offre dei testi in cui l’attenzione è posta sul comportamento del pastore: “Mentre Mosé stava pascolando il gregge di Yetro, un capretto scappò via. Mosé gli corse dietro finché (il capretto) non raggiunse un luogo riparato: lì trovò una pozza d’acqua e si fermò a bere. Mosé gli si avvicinò e disse: ‘Non sapevo che eri scappato via perché avevi sete. Sei stanco’. Mosé se lo pose sulle spalle e lo riportò indietro” (Midrash, Esodo Rabba 2,2). Per aver mostrato tanta compassione, il Signore lo scelse come pastore del suo proprio gregge Israele. Nel Midrash ai Salmi si legge: “Io erro come pecora smarrita: cerca il tuo servo” (Sal 119,176). Come mai, proprio alla fine del salmo, dice: “Io erro come pecora smarrita”? Rabbi Jehudà il Levita bar Shallum, in nome di rabbi Chaggai bar Elazar, dice: “Quando una pecora si perde dal gregge o un bue si perde dal pascolo, chi cerca chi? È la pecora che cerca il pastore o il pastore che cerca la pecora? Evidentemente, è il pastore a cercare la pecora. Così David ha detto al Santo – sia benedetto – Signore del mondo, vieni a cercarmi come una pecora”.
Il desiderio e la sete dell’uomo incontrano il desiderio di Dio. I pubblicani e i peccatori si avvicinano a Gesù, sono attratti da lui e dalle sue parole. In Gesù traspare il desiderio di Dio che cerca l’uomo, ciascun uomo, come bene prezioso, insostituibile. Ciascuno di noi è più o meno perduto e ritrovato: il vangelo odierno ci invita a contemplare il Signore misericordioso che comunque ci cerca. Noi non possiamo valutare pienamente la responsabilità del nostro “essere persi”: non tutto dipende da noi, non siamo onnipotenti neppure nel male. I padri della chiesa, in particolare Massimo il Confessore, affermavano che l’uomo che pecca è lui stesso per primo una vittima: vittima del male e della paura della morte. Forse ci si è allontanati dal seguire il gregge perché si aveva sete, forse si è rimasti impigliati in un cespuglio che ha impedito i nostri movimenti. C’è un mistero di dolore e di male che va al di là della nostra comprensione. È comunque il Signore che viene a cercarci, che è venuto a cercarci in Gesù, e che suscita in noi la supplica che incontra anche il suo desiderio: “Io erro come pecora smarrita: cerca il tuo servo”.
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Lc 15, 1-10
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
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