Stupisce sempre questo testo del vangelo, soprattutto nella versione di Marco che oggi ci viene proposta alla riflessione. Sono poche righe asciutte e dense, ma rivelative della libertà e insieme dell’autorevolezza che hanno caratterizzato la vita di Gesù. Egli è stato “sottomesso” ai suoi, come ci ricorda Luca (2,51), ma è diventato via via consapevole del suo rapporto unico con il Padre. Compare ben presto, infatti, una presa di distanza da parte di Gesù nei confronti dei genitori, i quali fanno anche l’esperienza dell’incomprensione (“essi non compresero”: Lc 2,50).
E le perplessità, all’interno dell’ambiente familiare, risulteranno ancora più evidenti quando all’età di “circa trent’anni”, Gesù darà inizio alla sua attività pubblica. Perplessità più che comprensibili, del resto, per la mentalità e le usanze dell’epoca. Cerchiamo di capire: se ne va di casa lasciando un’attività di artigiano già avviata; non si sposa, scegliendo la vita celibataria, pressoché impensabile in quel contesto sociale; fa vita itinerante con un gruppo di compagni. E ora si viene a sapere che attorno a lui c’è un accalcarsi di gente, tanto che egli non ha neppure il tempo di mangiare. Beh, questo è troppo! È un esaltato, un pazzo, uno fuori di testa… “È fuori di sé”, dicevano. E vanno a “prenderlo” (= catturarlo!) per riportarlo a casa e riportarlo soprattutto alla ragione (Mc 3,21).
Il vangelo non teme di registrare l’urto che avviene tra Gesù e il suo contesto familiare. Urto che più tardi prenderà i connotati di un vero e proprio rifiuto anche da parte dei suoi compaesani: “Un profeta – dirà Gesù – non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua” (Mc 6,4). Emergono qui la grande libertà di Gesù che non è condizionato dall’atteggiamento del suo ambiente, e nel contempo la totale dedizione alla missione che il Padre gli ha affidato: l’annuncio del Regno. Libertà e obbedienza: una scelta a caro prezzo!
Una sottolineatura importante però va fatta: Gesù non rinnega la famiglia, ma la dilata, va oltre la logica del clan familiare (con tutto il peso che questo aveva e tuttora spesso ha!) e apre così l’orizzonte della Chiesa, che deve essere spazio di “cattolicità”, cioè di universalità. Nella logica del Regno, non sono più i legami di sangue a essere decisivi, ma è il “fare la volontà di Dio” (Mc 3,35), esigenza formulata da Luca con un’espressione che la specifica: “ascoltare la parola di Dio e metterla in pratica” (Lc 8,21).
“Girando lo sguardo su quelli che erano seduti in cerchio [nella traduzione ufficiale è stata omessa questa precisazione del v. 34]…”: suggestiva questa immagine dello sguardo di Gesù – una vera e propria panoramica! – che sembra voler mettere a fuoco, a uno a uno, come a raccoglierli in un unico abbraccio, quanti sono “seduti in cerchio attorno a lui”, nell’atteggiamento di chi ascolta la sua parola. Ecco la nuova famiglia inaugurata da Gesù. Non è un cerchio chiuso, come può essere quello determinato dai vincoli di sangue, ma è spazio che si allarga a quanti si stringono attorno a Gesù per ascoltare la sua parola ed essere così resi capaci di “fare la volontà di Dio”. C’è spazio per chiunque in questa nuova parentela!
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Mc 3, 31-35
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, giunsero la madre di Gesù e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo.
Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: «Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano».
Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
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