Monastero di Bose – Commento al Vangelo del 27 Ottobre 2018

Giusti o ingiusti? Esistono delle categorie ben distinte? E Dio come si comporta nei confronti dell’uomo peccatore? Sono alcuni degli interrogativi che abitano da sempre il nostro cuore e che il brano del Vangelo secondo Luca solleva.

La gente interroga Gesù sull’accaduto: dei rivoluzionari, probabilmente zeloti, sono stati assassinati dai romani proprio mentre stavano compiendo una cerimonia sacra. Gesù aggiunge l’esempio di diciotto operai che lavoravano nel tempio, morti a causa del crollo di una torre. Che pensare? Si tratta di esercitare il discernimento sulla realtà che ci circonda: fatti di cronaca inquietanti che abbracciano massacri di esseri umani, giustificati per cosiddetti motivi politici, catastrofi naturali, o ancora, crolli di edifici e infrastrutture costruite dall’uomo stesso.

La tentazione più grande è di chiedersi che cosa mai abbiano fatto di così grave quelle persone da meritarsi una tale sorte. Al tempo di Gesù la mentalità corrente era di credere allo schema peccato-condanna che giudicava le persone in base al loro destino. Gesù spezza questo schema riportando all’essenziale. Ciò che è successo va letto come occasione per meditare sulla fragilità dell’esistenza. La nostra vita non è infinita, non sappiamo quanto potrà durare ed è una sola. Diamoci da fare perché non passi nella superficialità.

L’urgenza della conversione è antidoto all’ottundimento e alla pigrizia personale: ora è il momento favorevole per ricominciare (cf. 2Cor 6,2)!

Non ci sono perciò buoni e cattivi, ci sono solo uomini e donne che scelgono di mettersi in gioco oppure no. Non c’è un Dio (almeno non quello che ci ha mostrato Gesù) che punisce ogni sbaglio commesso: c’è invece un Dio Padre che usa pazienza perché desidera la salvezza di tutti (cf. 2Pt 3,9). In un momento che non conosciamo, però, ci sarà comunque un giudizio perché anche la pazienza ha un limite.

Ed ecco introdotta la parabola del fico sterile che rischia di essere tagliato. Il fico sterile vive solo per se stesso e ha dimenticato (forse non ha mai conosciuto) la bellezza del produrre frutto da condividere. Eppure gli viene lasciato ancora tempo perché il Signore è buono e misericordioso.

Questo tempo prolungato è per tutti possibilità di prendere coscienza di chi siamo veramente, di come viviamo in rapporto a noi stessi e agli altri. È tempo per evolvere, non tempo per continuare ad approfittarsi degli altri, né tempo di indifferenza (il fico sterile continua a trarre cibo dalla terra senza donare niente) o, ancora peggio, di immobilità.

Il buon contadino della parabola sa che zappare attorno a una pianta e aggiungere concime alla terra è un modo per aiutare il nutrimento che la pianta prende dalle radici. Un rimedio pratico unito all’operosità e alla cura di chi spera nella vita di quella pianta.

Convertirsi è esattamente andare alle nostre radici e cambiare. Ci vuole fiducia nella vita e in sé, è necessario spazio di silenzio e di ascolto della parola di Dio per nutrire e curare la nostra vita interiore. Il cambiamento significherà frutto nuovo e sorprendente, non solo per sé ma da condividere con altri. La crescita di ognuno è gioia per il Signore e comunione con gli altri.

sorella Ilaria della comunità monastica di Bose

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Lc 13, 1-9
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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