Nel brano di oggi si parla di due cecità, la cecità del cuore dei discepoli e quella vera e propria di un cieco che mendica sulla strada di Gerico.
La pericope si apre con il terzo annuncio della passione di Gesù e, prima di raccontare dettagliatamente quello che gli succederà, Gesù stesso prende con sé i dodici. Ancora una volta predispone tutto perché i discepoli possano accedere al messaggio del vangelo. In tutto il vangelo Gesù li prende con sé, risponde alle loro domande spesso ottuse, li fa testimoni diretti di gesti che confermano che la salvezza è accessibile a tutti, li invia anche ad annunciare la Parola. Eppure i dodici, pur avendo udito e visto, spesso creano un ostacolano al messaggio che dovrebbe raggiungere in primis il loro cuore, e ancora più spesso non permettono che la parola di Gesù possa essere raggiunta da chi ha il desiderio di accoglierla. I loro schemi, le loro catalogazioni, le loro certezze non permettono alla Parola di creare un varco nel loro cuore, per poterli riplasmare dall’interno. Al contrario continuano a dare importanza a quell’“esterno del bicchiere” (Lc 11,39) che opera come un filtro e alla fine non permette la comprensione delle parole e dei gesti di chi li ha chiamati a sé “per rinascere dall’alto” (cf. Gv 3,7).
Ben diverso è l’atteggiamento del cieco di Gerico. Egli conosce bene ciò che gli manca, grazie a questa consapevolezza e accettazione del suo limite sa che cosa chiedere. Il cieco dimostra una libertà interiore che gli permette di compiere dei passi, di agire, di andare verso il Signore e soprattutto di non demordere là dove viene ostacolato nel suo cammino verso la salvezza. Forse è proprio la conoscenza di quello che gli manca che lo mette in movimento; lo abita una sana inquietudine che lo spinge a pensare e a sperare che non tutto finisce nella sua malattia, anzi, paradossalmente può essere occasione di incontro. I discepoli, al contrario, appaiono in un atteggiamento del tutto opposto. Poche righe prima vengono descritti come dei personaggi passivi che sono al seguito di Gesù ma per forza di inerzia, senza una convinzione interiore, preannunciano quell’assopimento che avranno nell’orto degli ulivi durante la passione di Gesù. Esplicitazione di questo loro stato è l’incomprensione profonda che dimostrano verso le parole di Gesù. Un’incomprensione che blocca, che non suscita domande e soprattutto non crea quella dinamica che scaturisce dalla conversione e dalla ricerca di un cambiamento.
La scena del cieco di Gerico invece è molto movimentata, è evidente l’agitazione del cieco, ma è un’agitazione che esprime vivacità. Tale vitalità del cieco è dovuta alla certezza che può consegnarsi per quello che è a Gesù senza essere rifiutato. Per questo motivo insiste nella sua richiesta e nel suo grido verso il Signore senza preoccuparsi di chi ostacola questo incontro. Egli, che è escluso dalla vita sociale e da ogni relazione, percepisce che sta passando colui che crea relazioni di vita. Gesù, che ormai è diretto in maniera risoluta a Gerusalemme, sentendo il desiderio di quest’uomo, arresta il suo cammino per guarirlo e accoglierlo come compagno di strada. Infatti il cieco, una volta guarito, poté incamminarsi con gli altri glorificando Dio.
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Lc 18, 35-43
Dal Vangelo secondo Luca
Mentre Gesù si avvicinava a Gèrico, un cieco era seduto lungo la strada a mendicare. Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. Gli annunciarono: «Passa Gesù, il Nazareno!».
Allora gridò dicendo: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!». Quelli che camminavano avanti lo rimproveravano perché tacesse; ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù allora si fermò e ordinò che lo conducessero da lui. Quando fu vicino, gli domandò: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato».
Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo glorificando Dio. E tutto il popolo, vedendo, diede lode a Dio.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
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