Monaci Benedettini Silvestrini – Commento al Vengelo del 22 Dicembre 2021

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Il canto di Maria.

Spessissimo nella liturgia ci viene proposto questo sublime cantico di lode e di ringraziamento. La sua recita o canto è d’obbligo, tutte sere, nella celebrazione del Vespro. E nella preghiera dei monaci, religiosi e preti salmodianti è presente tutta la Chiesa, tutti i fedeli. Mi sembra allora quanto mai naturale, al termine della giornata, durante la quale tanti doni di Dio ci hanno accompagnato, ripetere con Maria: L’anima mia ringrazia, loda, riconosce la grandezza di Dio che si china a donare le sue grazie, non solo a Maria ma a tutti.

Noi, così poveri di ogni merito, stiamo sperimentando le meraviglie del Signore nel dono della fede, speranza e carità, nel susseguirsi dei tempi e celebrazioni liturgiche che ci fa rivivere nelle sue varie fasi il progetto di salvezza di Dio, dal battesimo che ci ha resi figli e eredi del paradiso, e ci ha aperto le porte agli altri sacramenti, donatori di grazia, fino alla realizzazione dell’oggetto della speranza cristiana e dell’opera redentrice di Gesù: la salvezza eterna.

Il ringraziamento quindi è doveroso. Mentre vorrei suggerire ai celebranti di recitare questo cantico mentre lasciano l’altare nel ritorno in sagrestia, per esprimere la propria gratitudine, non solo dopo la Santa Comunione, ma anche in altri momenti in cui si sente il bisogno di innalzare a Dio l’inno di lode per benefici ricevuti. La gratitudine attira sempre nuovi favori, come nel caso dei dieci lebbrosi di cui uno solo ritorna a Gesù per ringraziarlo della guarigione fisica.

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Con questa ha un dono immensamente più grande, quello della fede.