Salvare o perdere la vita.
Noi, esseri umani, perché creature di Dio, fatti a sua immagine e somiglianza, abbiamo un moto istintivo dell’anima che ci fa amare la vita fino ad orientarci quasi istintivamente verso un anelito di immortalità. L’argomento che oggi Cristo ci propone è quindi di grande attualità. Egli vuole istruirci sul vero significato del salvare o perdere la vita.
I due termini sono in evidente contraddizione e sono anche contraddittori le dimensioni entro cui il valore della vita viene posto: o in questo mondo o in una dimensione di eternità. Per salvarsi occorre prendere la croce ogni giorno, rinnegare se stessi, annientare cioè le mire solo umane e terrene e mettersi alla sequela di Cristo.
Bisogna quindi imitarlo con la ferma determinazione di arrivare con lui sino al calvario. Ecco perché i perfetti imitatori di Cristo, sin dai primordi del cristianesimo, sono stati ritenuti i martiri, i santi che hanno perso la loro vita per Cristo, guadagnandosi il premio della vita eterna. Ciò che frena e mortifica questo ideale cristiano è l’attaccamento alle cose di questo mondo, la perdita dei valori eterni, la paura della sofferenza.
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La proposta di Cristo risuona indubbiamente difficile ed ardua e solo alla luce della fede certa e nella incrollabile speranza della beatitudine eterna la si può accettare ed amare. È stata la scelta di tutti i testimoni di Cristo, di tutti coloro che hanno compreso che a nulla giova guadagnare tutto il mondo se poi si perde la propria anima. Un ottimo criterio di valutazione è tra il tempo e l’eternità, tra i beni di questo mondo e quelli del cielo.
Questo è frutto della nostra fede ed il motivo della nostra testimonianza, il motivo per cui riconosciamo il Signore, non ci vergogniamo di lui davanti al mondo. Il motivo che ci garantisce di essere benevolmente accolti nel giudizio finale.
Monaci Benedettini Silvestrini
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