Monaci Benedettini Silvestrini – Commento al Vengelo del 16 Febbraio 2022

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Una guarigione diversa dalle altre.

Dovunque Gesù vada, gli si chiede una opera prodigiosa, subito si presenta qualcuno da guarire. Anche a Betsaida succede la stessa cosa: a Gesù è portato un cieco. Stavolta, però nel miracolo troviamo un diverso atteggiamento di Gesù. A Gesù è richiesta una dimostrazione pubblica. Gli è chiesto un miracolo perché, con la guarigione, possa dimostrare ancora una volta una presenza diversa. Il miracolo domandato in questo modo vuol chiedere a Gesù un significato, una indicazione preziosa per chi gli sta intorno.

Gesù accoglie questo invito; stavolta però pensa soprattutto la richiesta della guarigione e la opera in un modo diverso da quanto sottinteso da tutti gli altri. Gesù guarda sempre e soprattutto alla persona e al suo bene spirituale e fisico; i suoi miracoli non si lasciano mai condurre ad una semplice manifestazione di grandiosità e prodigalità; hanno sempre in vista il bene ultimo dell’uomo. Stavolta, però Gesù vuol privilegiare il contatto personale e intimo con chi gli è portato davanti.

La dinamica del miracolo significa un accompagnamento, una sensibilità, una premura ed una sollecitudine che mettono al primo posto proprio l’uomo. Gesù accompagna il cieco per mano; Gesù si dimostra interessato che la guarigione sia completa. Dalla descrizione del miracolo capiamo che il miracolato non è un cieco nato; cerca di distinguere le figure che all’inizio gli appaiono confuse ed indistinte; è diventato cieco, quindi ed ha bisogno dell’aiuto del Signore per vederci perfettamente.

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Gesù stesso non si accontenta che il cieco riveda con un barlume di vista; vuole che essa sia perfetta. Nel cieco ci rispecchiamo noi tutti quando chiediamo a Gesù che ci accompagni per le vie del mondo perché possiamo vedere tutto perfettamente alla luce della fede.