L’idolatria, vizio del cuore umano.
Nel brano del profeta Osea si ripete l’accusa che Dio fa al suo popolo perché si dà all’idolatria alle divinità fabbricate dalle mani dell’uomo, divinità che non sentono e non possono salvare. Mi colpiscono però le parole che descrivono una constatazione di fatto: “E poiché hanno seminato vento raccoglieranno tempesta. Il loro grano sarà senza spiga, se germoglia, non darà farina e se ne produce, la divoreranno gli stranieri”.
Mi sembra di riscontrare la situazione di tanti nostri fedeli che si confessano una volta l’anno o anche di meno e intanto vivono in uno stato di privazione di grazia per cui tutte le loro azioni, anche umanamente buone, sono come grano senza spiga, infruttuose per la salvezza eterna. Non mi sembra fuori posto questo richiamo e rimprovero del profeta.
Quando ci si abbandona al peccato senza avvertire il bisogno di chiedere perdono a Dio è come se rendessimo il nostro culto a un dio creato dalle nostre mani o immaginazione. Opportunamente il brano del vangelo ci presenta il muto e per di più indemoniato. La mutezza è il peccato dell’uomo che non sa parlare a Dio, non sa rivolgere a Lui una preghiera e nemmeno ascoltare la sua voce.
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Quando non si ha il colloquio con Dio, necessariamente ci si rivolge a chiedere aiuto ad altri esseri che si trovano nella incapacità di aiutarci. Volesse il cielo che ci si rivolga agli inviati dal Signore, agli operai del vangelo! Si avrebbe almeno una parola di verità e un invito a ricorrere all’aiuto del Dio misericordioso che sa guarire senza umiliare.
Tre terzi dell’umanità che vive nella ignoranza della salvezza operata dal Signore Gesù ma molti credenti affetti da sordità e mutezza spirituale fanno dire a Gesù: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe.” Invito che impegna tutti i credenti nel Signore a supplicare perché la sua vigna non manchi di validi e generosi operai.
Monaci Benedettini Silvestrini
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