Giovinetto, dico a te, alzati!
Gesù risuscita il figlio di una vedova di Nàin. Stavolta, nell’episodio, così com’è raccontato, manca un’esplicita richiesta rivolta a Gesù per compiere il miracolo. Egli stesso prende l’iniziativa, sicuro dei risultati. Gesù sa guardare ai cuori delle persone e la sua compassione si muove quando riconosce cuori retti e puliti, anche se in difficoltà.
Egli è venuto a guarire, a dare conforto e portare la salvezza per tutti gli uomini. I miracoli sono segni della potenza divina ma hanno sempre alla base dei sentimenti di compassione umani. E’ il Divino fatto uomo, che agisce come uomo, ha gli stessi sentimenti degli uomini e prova dolore e compassione.
Anche stavolta possiamo trarre un insegnamento chiaro per noi, che viviamo tempi dove si preconfezionano figure d’uomini stereotipate. La nostra vera umanità, di uomini e donne, si esprime anche nell’essere partecipi dei dolori altrui, nel cercare le strade migliori per alleviarli: ecco perché diciamo che la sequela di Cristo non solo ci prepara un posto per la Vita Eterna ma migliora proprio il nostro essere uomini.
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Monaci Benedettini Silvestrini
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