Missionari della Via – Commento alle letture di domenica 9 Luglio 2023

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Pace e bene a tutti, questa domenica lasciamoci parlare al cuore dal Signore, che ci indica i passi per trovare ristoro per la nostra vita…

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Piccolezza, umiltà e mitezza, sono alcune delle parole chiave del Vangelo  di questa domenica. Il Vangelo inizia con parole di gioia e di gratitudine  rivolte da Gesù al Padre, parole di ringraziamento per la predilezione verso  i piccoli. Piccoli non di statura, non di età, ma piccoli nel senso che hanno  compreso e si mettono davanti al Padre con atteggiamento da figli, con  atteggiamento di coloro che hanno quella consapevolezza di dover essere  custoditi e aiutati a crescere nella maturità della fede dal Padre che è nei  cieli. Gesù invita i piccoli ad imparare da Lui, ad essere miti e umili di cuore. 

Egli è l’umile per natura. Lui ha scelto di scendere fino al punto più basso  della nostra condizione umana. Ha scelto l’obbrobrio della croce per  innalzare noi. «L’umiltà dunque, non consiste principalmente nell’essere  piccoli, perché uno può essere piccolo e arrogante allo stesso tempo; non  consiste principalmente nel sentirsi piccoli e senza valore, perché questo  può anche nascere da un complesso di inferiorità; non consiste neanche  nel dichiararsi piccoli, perché molti dichiarano di non valere niente,  pensando l’esatto opposto. L’umiltà è nel farsi piccoli, e non per qualche  necessità o utilità personale, ma per amore, per “innalzare” gli altri.

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Così è  stata l’umiltà di Gesù; egli si è fatto tanto piccolo da “annullarsi” addirittura  per noi. Nella posizione in cui si trova, Dio non può “elevarsi”; nulla esiste  sopra di lui. Dio scende e si fa piccolo per donarsi a noi uomini in maniera  totale e disarmante!» (card. R. Cantalamessa). Davanti all’umiltà di Gesù, chiediamoci quanto siamo capaci di “abbassarci”. Quanto siamo capaci – e se desideriamo farlo – di innalzare gli altri, di valorizzarli. A dir la verità, spesso tendiamo ad abbassare gli altri per innalzare noi! Tendiamo a fare  degli altri i nostri piedistalli. Ad esempio, non accade, a volte, quando non  si è capaci di fare il bene, di abbassare gli altri, denigrarli, sminuirli, parlare  male di loro alle spalle?  

Gesù ci dice di imparare da Lui anche la mitezza di cuore, che ha esercitato nella misura massima nella sua passione: «Oltraggiato non rispondeva  con oltraggi, e soffrendo non minacciava vendetta» (1 Pt 2, 23). E noi, quando ci rendiamo conto di essere miti? Forse quando va tutto bene?  No di certo! Ci rendiamo conto di essere miti solo quando siamo messi  alla prova, quando qualcuno ci aggredisce, anche a parole, quando  qualcuno ci contesta: è lì che comprendiamo se siamo miti o no! La  mitezza si riconosce sempre in uno stato di conflitto. 

«E sia dell’umiltà che della mitezza Gesù ce ne indica la fonte: il cuore. La  vera mitezza si decide lì. È dal cuore, dice, che provengono omicidi,  cattiverie, calunnie (Mc 7, 21-22). Come esiste un adulterio del cuore, così  esiste un omicidio del cuore: “Chiunque odia il proprio fratello, scrive  Giovanni, è omicida” (1 Gv 3,15). Non c’è solo la violenza delle mani, c’è  anche quella dei pensieri. Dentro di noi, se ci facciamo caso, si svolgono  quasi in continuazione “processi a porte chiuse”. “Osserva anche per un  solo giorno, il corso dei tuoi pensieri: ti sorprenderà la frequenza e la  vivacità delle tue critiche interne con immaginari interlocutori, se non  altro con quelli che ti stanno vicino.

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Qual è di solito la loro origine?  Questo: lo scontento a causa dei superiori che non ci vogliono bene, non  ci stimano, non ci capiscono; sono severi, ingiusti o troppo gretti con noi  o con altri ‘oppressi’. Siamo scontenti dei nostri fratelli (e delle nostre  sorelle), ‘senza comprensione, cocciuti, sbrigativi, confusionari o  ingiuriosi…Allora nel nostro spirito si crea un tribunale, nel quale siamo  procuratore, presidente, giudice e giurato; raramente avvocato, se non a  nostro favore. Si espongono i torti; si pesano le ragioni; ci si difende e ci  si giustifica; si condanna l’assente. Forse si elaborano piani di rivincita o  raggiri vendicativi…”.

I Padri del deserto, non dovendo lottare contro  nemici esterni, hanno fatto di questa battaglia interiore ai pensieri il banco  di prova di ogni progresso spirituale. Hanno anche elaborato un metodo  di lotta. La nostra mente, dicevano, ha la capacità di precorrere lo  svolgimento di un pensiero, di conoscere, fin dall’inizio, dove andrà a  parare: se a scusa del fratello o a sua condanna, se a gloria propria, o a  gloria di Dio. “Compito del monaco –diceva un anziano – è vedere  giungere da lontano i propri pensieri” s’intende per sbarrare loro la strada,  quando non sono conformi alla carità. Il modo più semplice di farlo è di  dire una breve preghiera o mandare una benedizione all’indirizzo della  persona che siamo tentati di giudicare» (card. R. Cantalamessa) 

E noi tendiamo a fare ciò? Chissà… Comunque, se non avessimo ancora  intrapreso questa battaglia spirituale, è il momento buono per iniziare!    

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Mt 10,37-42 – Missionari della Via 428 kb 4 downloads

Carità e verità sono l’essenza stessa di Dio. Sono dunque inseparabili. Infatti…

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